Acciaio green prodotto con l’H2 competitivo entro il 2030, secondo uno studio di Hydrogen Europe

di Francesco Bottino

Se l’idrogeno verde manterrà le sue promesse, in termini di riduzione dei costi, l’acciaio green prodotto tramite l’utilizzo di H2 potrà diventare competitivo con quello tradizionale entro il 2030.

A sostenerlo è lo studio ‘Steel From Solar Energy: Techno-Economic Assessment of Green Steel Manufacturing’, realizzato e diffuso dall’associazione Hydrogen Europe con il supporto della piattaforma The smarter E Europe.

Il dossier mette a confronto l’acciaio prodotto con DRI (direct reduced iron) generato da idrogeno e forni elettrici (identificato con la sigla H2-DRI-EAF)  con quello tradizionale prodotto in altoforno (BF-BOF) e chiarisce innanzitutto che, con la prima tipologia, la riduzione delle emissioni del ciclo vitale dell’acciaio è sensibile in tutti i casi, ad è tanto più avvertibile quanto più aumenta la quota di energia rinnovabile impiegata per alimentare il processo.

I temi principali da affrontare, per favorire la diffusione del ‘green steel’ sono tre, secondo il report di Hydrogen Europe, e il primo riguarda i costi.

Assumendo un ‘delivery price’ (che comprende i costi di produzione, trasporto e stoccaggio) dell’idrogeno verde pari a 5,3 euro a Kg sia nello scenario ‘high prices’ sia in quello ‘adjusted prices’, il differenziale di costo tra acciaio H2-DRI-EAF e BF-BOF è comprso tra 126 euro e 203 euro rispettivamente nei due scenari. Ciò significa che il maggior costo finale per un’automobile ‘tipo’ prodotta con acciaio green potrebbe essere compreso tra 100 e 170 euro.

Secondo i calcoli di Hydrogen Europe, quindi, per arrivare al break-even del progetto – assumendo un prezzo della CO2 di 140 euro a tonnellate – il delivery price dell’idrogeno dovrebbe scendere a 3 euro a Kg nello scenario ‘high price’ e a 1,5 euro a Kg nello scenario ‘adjusted price’.

Calcoli basati sui costi attuali dell’energia rinnovabile e degli elettrolizzatori, che tuttavia secondo il dossier sono destinati a ridursi in misura anche significativa nel corso dei prossimi anni.

In particolare, se il CAPEX degli elettrolizzatori calerà come previsto di ¾ rispetto a oggi, consentendo di produrre idrogeno verde con costo finale attorno a 1,5 dollari a Kg, secondo Hydrogen Europe il gap economico tra acciaio BF-BOF e acciaio H2-DRI-EAF potrà di fatto sparire tra il 2025 e il 2030.

Il tema dei costi, tuttavia, non è l’unico da affrontare rispetto alla decarbonizzazione dell’industria siderurgica: un’altra grande sfida è infatti è costituita dalla scala dimensionale.

Attualmente la capacità totale degli impianti di tipo BF-BOF attivi in Europa è pari a 103 milioni di tonnellate all’anno: convertirlie tutti in H2-DRI-EAF consentirebbe di evitare l’emissione di 196 milioni di tonnellate di gas serra ogni anno, ma richiederebbe fino a 5,3 milioni di tonnellate all’anno di idrogeno verde e 370 TWh di energia rinnovabile addizionale (considerando anche il consumo dei forni elettrici).

Per convertire invece un singolo impianto produttivo da 4 milioni di tonnellate di acciaio all’anno di capacità (la media UE), servirebbe una capacità di elettrolisi di 1,2-1,3 GW in funzione a pieno regime, 3,3 miliardi di euro di investimenti e moltissimo spazio disponibile.

Infine c’è il tema della continuità di forniture di idrogeno verde, la cui produzione è per natura intermittente poiché direttamente legata a quella dell’energia rinnovabile. Poiché gli impianti di DRI hanno bisogno di un afflusso costante di combustibile, sarebbe necessario prevedere sistemi di stoccaggio anche di grandi dimensioni, che tuttavia comportano problematiche in termini di costi e – ancora una volta – di spazi disponibili.