Agici e Fichtner: in Italia servono almeno altri 10 miliardi di incentivi sull’idrogeno, concentrati soprattutto sugli opex

di Francesco Bottino

Milano – Le misure di incentivo disposte dal PNRR saranno fondamentali per far partire in Italia un mercato dell’idrogeno, ma – essendo focalizzate esclusivamente sui capex, ovvero i costi di investimento iniziale – da sole non saranno sufficienti: manca totalmente, ad oggi, un sistema di agevolazione in grado di intervenire sugli opex, ovvero sui costi operativi di un impianto di produzione di H2, e questo, insieme ad una lacuna normativa ancora da colmare, potrebbe franare gli investimenti che pure i player privati sarebbero pronti a fare.

Il messaggio emerge, chiaro e forte, dal primo rapporto sull’idrogeno verde di Agici e Fichtner che è stato presentato nel corso dell’evento ‘Le sfide dell’idrogeno verde: domanda, policy pubbliche e strategie degli operatori’, svoltosi ieri (giovedì 1 dicembre; ndr) a Milano.

Il convegno si è aperto con il saluto di Mario Antonio Scino, Capo di Gabinetto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, e ha visto la partecipazione delle associazioni del settore H2IT ed Elettricità Futura e di molti stakeholder di riferimento tra cui Enel Green Power, Eni, EP Produzione, Foresight, Hera, Iren, Margherita, Saras e Snam. Per le conclusioni è intervenuto Davide Valenzano, Responsabile degli Affari Regolatori del GSE.

Il report ha mappato 164 iniziative italiane relative all’idrogeno, ma – come spiegato da Massimo Andreoni, Responsabile della ricerca per Fichtner, e Stefano Clerici, Responsabile della ricerca per Agici –  “verosimilmente il numero reale di progetti, considerando quelli di cui non si hanno ancora notizie ufficiali, potrebbe essere ben superiore”.

La maggior parte delle iniziative mappate vede il coinvolgimento di multiutility e player energetici e technology provider, con Snam e Eni in prima fila per numero di iniziative.

Il report definisce poi 4 diversi modelli in cui si possono ricomprendere i diversi progetti analizzati: quello centralizzato, quello decentralizzato, quello misto e quello delle hydrogen valley. Il range relativo ai costi di produzione dell’idrogeno (Levelised Cost of Hydrogen – LCOH) varia tra i 7,4 euro al Kg del modello misto, quello che sembra garantire il costo del prodotto più competitivo, e gli 11 euro a Kg del modello decentralizzato, il meno economico a causa dell’incidenza dei costi di trasporto.

Ovviamente, come evidenziato da Andreoni e Clerici, molto di penderà in ogni caso dal costo dell’energia, che è una variabile rilevante del LCOH: il caso base analizzato considera un prezzo medio dell’energia elettrica da rete su 20 anni di progetto pari a 80 €/MWh, ma al variare di questo fattore varia anche il costo finale dell’idrogeno prodotto. Per esempio, con un costo dell’energia a 70 €/MWh, il LCOH del modello misto scende a 6,9 euro a Kg, mentre con energia a 120 €/MWh il LCOH sale fino a 9,4 euro a Kg.

Valori destinati, in ogni caso, a calare nel tempo – Agici e Fichtner stimano che la riduzione dell’LCOH entro il 2030 sarà di oltre il 20% grazie alla diminuzione dei capex, con punte del 36% nel modello decentralizzato per l’utilizzo della pipeline al posto del trasporto via trailer – anche se con una curva meno ripida di quella che si ipotizzava solo fino a poco tempo fa: nel 2020 l’IRENA stimava che il costo dell’H2 rinnovabile sarebbe sceso mediamente sotto i 3 euro a Kg entro il 2030 per arrivare a 2 euro a kg nel 2050. Stante l’attuale mutamento di scenario, secondo le due società italiane questi numeri sono da rivedere: nel 2030 il valore medio potrebbe non scendere sotto i 5 euro a kg, per arrivare a 3 euro a kg solo nel 2050.

In ogni caso, tornando all’oggi, il tema centrale resta uno: il costo dell’H2 green soffre di un gap di competitività rilevante rispetto alle alternative fossili, con un costo finale elevato e dovuto in larga parte – tra il 50% e l’80% del totale, nei casi analizzati da Agici e Fichtner – agli opex, su cui ad oggi non sono previste agevolazioni. Per questo, nel report, si ipotizza la definizione di un incentivo strutturato ad hoc a supporto degli opex, che sia in qualche modo indicizzato al costo dell’energia, la voce che incide in misura più rilevante. Misura da accompagnare con ulteriori interventi che siano in grado di rispondere alle attuali preoccupazioni – espresse anche dagli operatori intervenuti al convegno milanese – sulla mancanza di certezza normativa e di chiarezza in merito ai criteri specifici da adottare per la definizione dell’idrogeno verde; sul rischio di perdita di competitività dell’idrogeno verde rispetto ad altre forme di idrogeno a basse emissioni; sul lento sviluppo della capacità rinnovabile necessaria ad alimentare gli impianti di elettrolisi per la produzione dell’idrogeno verde a livello nazionale; sulla bassa capacità degli attuali strumenti di finanziamento pubblico previsti (es. IPCEI, PNRR) di supportare gli investimenti nel medio-lungo.

Proprio per cercare di capire come affrontare queste tematiche, Agici e Fichtner nel loro studio hanno preso in esame le policy attuate da alcuni Paesi europei e dagli USA, per poi provare a immaginare un sistema di incentivi da implementare in Italia per favorire realmente l’avvio di un mercato nazionale dell’H2: per rendere più competitivo il LCOH, oggi compreso tra i 7,4 e gli 11 euro a Kg a seconda dei modelli di produzione, delle destinazioni d’uso e dei prezzi dell’elettricità, occorre avvicinarlo a quello delle alternative fossili, gas nell’industria (1,5 euro a Kg) e gasolio nella mobilità (5 euro a Kg). Per riuscirci, sulla base delle simulazioni realizzate dalle due società, occorrerebbe abbattere i capex del 50-60% attraverso i fondi PNRR e applicare un contributo sugli opex compreso tra 1,5 e 6,8 euro a Kg.

“Dalle nostre stime – hanno sottolineato Andreoni e Clerici – emerge che le risorse a sostegno della produzione di idrogeno verde in Italia, potrebbero essere nel range di 10-16 miliardi di euro per il modello misto, e di 14-20 miliardi di euro per il modello hydrogen valley, a cui si devono aggiungere i 3,5 miliardi di euro dei fondi PNRR. È, inoltre, evidente che sul LCOH dell’idrogeno pesa significativamente il costo della energia elettrica necessaria a produrlo. Per questo, a nostro giudizio, si potrebbe immaginare un contributo sugli opex indicizzato proprio al prezzo del vettore elettrico”.

Interventi che andrebbero realizzati con urgenza, poiché si avvicina rapidamente la scadenza di molti bandi del PNRR relativi all’idrogeno: “Se non ci saranno misure di sostegno sugli opex, il rischio è che queste procedure possano andare deserte”.