Bombardi (RINA): “Per lo scale-up dell’H2 le rinnovabili non bastano, serve anche il nucleare”
di Francesco Bottino
Pavia – Se l’Europa, e l’Italia al suo interno, continuerà a legare lo sviluppo dell’idrogeno esclusivamente alla sua produzione con le energie rinnovabili, non riusciremo mai a ‘scalare’ il mercato e quindi a rendere possibile la diffusione del vettore energetico nei settori economici ‘hard to abate’.
A sostenerlo, nel corso dell’evento Hydrogen Experience organizzato presso l’ASC Automotive Safety Centre di Vairano (Pavia) da Assogastecnici – l’associazione di Federchimica che rappresenta le imprese produttrici e distributrici di gas tecnici – è stato Andrea Bombardi, Carbon Excellence Reduction Executive Vice President del gruppo RINA.
Una posizione netta e dal carattere poco ecumenico, specie nel Belpaese dove il tema del nucleare costituisce ancora una sorta di tabù (nonostante diverse aziende nazionali siano player di primo piano del settore, ma sui mercati esteri), che tuttavia si iscrive in un dibattito già ampiamente in corso a livello europeo e che conferma la visione espressa diverse volte, in eventi pubblici, dal Presidente e Amministratore delegato del RINA Ugo Salerno.
Bombardi ha ribadito che, “se vogliamo davvero decarbonizzare l’industria e i trasporti pesanti usando l’idrogeno, avremo bisogno di grandi quantità di questo vettore energetico a costi competitivi”. Un risultato che non potrà essere raggiunto soltanto utilizzando le rinnovabili, “che vanno concentrate verso gli ambiti in cui è possibile utilizzare l’elettrificazione diretta”. Sarà quindi necessario sfruttare anche le nuove tecnologie per il nucleare, che presentano notevoli vantaggi: “Uno small scale reactor di ultima generazione da 300 MW occupa molto meno spazio di un impianto fotovoltaico della sessa capacità, e consente, alimentando un elettrolizzatore in via continuativa, di produrre un quantitativo di H2 molto maggiore”. Ma secondo il dirigente del RINA nessuna potenziale soluzione tecnica va scartata a priori solo per ragioni ideologiche: “Il nostro gruppo ha una visione d’insieme dell’intera filiera, dalla produzione allo stoccaggio alla distribuzione dell’idrogeno, e siamo convinti che sia necessario guardare con pragmatismo all’impronta carbonica dell’interno ciclo di vita del combustibile, per valutarne il reale contributo delle diverse tecnologie al processo di decarbonizzazione”.
Altro tema fondamentale toccato da Bombardi nel suo intervento è stato quello dell’import (a cui il RINA ha dedicato un apposito studio realizzato insieme ad Assorisorse; ndr): “Se guardiamo a quanto stabilito dalla Commissione Europea nel REPowerEU, ma anche alla geografia del nostro Paese e a molte altre variabili come il costo dell’energia, appare evidente che nei prossimi anni dovremo importare dall’estero un quantitativo rilevante di idrogeno. E questa potrebbe essere una buona notizia per l’Italia, data la sua posizione di naturale ‘ponte’ tra Nord Africa ed Europa centrale”. Il problema è che di questo tema, nel Belpaese, si parla ancora pochissimo, “mentre Rotterdam – ha messo in guardia l’Exectve Vice President del RINA – sta già lavorando attivamente per diventare un hub di import dell’H2 e servire quelli che diventeranno i principali mercati di consumi, Germania in primis”.
Bombardi è intervenuto nel corso del panel del convegno di Assogastecnici dedicato all’idrogeno come vettore energetico sostenibile, a cui hanno reso parte anche Massimiliano Antonini, Managing Director di Hysytech, azienda che ha sviluppato un innovativo sistema di produzione di H2 tramite steam reforming del biometano; Paolo Carrera, Direttore Generale di H2 Energy, start-up lombarda che produce sistemi di elettrolisi alcalini e PEM (e che ha manifestato il suo interesse a subentrare a Wartsila nella gestione del polo industriale di Trieste Bagnoli), e Alberto Ruffino, H2-Mobility business manager BU Truck di IVECO, uno dei player dell’industria automotive maggiormente attivo nello sviluppo di soluzioni per la mobilità a idrogeno.