Dossi (H2IT-Sapio): “Riconosciuto il ruolo dell’idrogeno, la sfida oggi è renderlo economicamente competitivo”
di Francesco Bottino
“La sfida che abbiamo davanti non è quella di dimostrare il ruolo fondamentale dell’idrogeno nel percorso di decarbonizzazione, che ormai è chiaro a tutti, ma piuttosto quella di rendere questo vettore energetico economicamente competitivo”.
E’ questo il messaggio lanciato da Alberto Dossi, Presidente di H2IT – l’associazione italiana delle aziende attive nella filiera dell’idrogeno – e del gruppo Sapio, in apertura del primo di una serie di 5 webinar dedicati all’idrogeno organizzati dalla sessa H2IT, da ANIMA Confindustria Meccanica Varia e da Assolombarda.
Dopo i saluti introduttivi del moderatore di questo evento ‘virtuale’ (modalità imposta dall’emergenza coronavirus), il professor Stefano Campanari del Politecnico di Milano, Dossi ha ricordato che anche l’Unione Europea, che a breve lancerà la Clean Hydronge Alliance per realizzare 2×40 GW di capacità elettrolisi installata entro 2030, “è convinta che la ripresa post-emergenza dovrà essere ‘green’ e che una parte importante di essa dovrà basarsi proprio sull’idrogeno”.
Parlando poi della situazione italiana, Dossi ha ribadito l’impegno di H2IT, “che ha diversi tavoli aperti con il Governo, e in particolare col Ministero dello Sviluppo Economico, su tematiche relative al quadro normativo e agli incentivi per sostenere l’idrogeno”. Secondo il Presidente di H2IT e Sapio, infatti, “la vera sfida oggi non è dimostrare che l’idrogeno è il combustibile del futuro, perchè lo è, ma piuttosto dimostrare che l’idrogeno verde può essere economicamente sostenibile. La filiera privata italiana è pronta a investire, ma serve una forte azione pubblica basata su incentivi e defiscalizzazione”.
Focalizzando quindi l’attenzione sulla produzione di idrogeno, tema principale di questo primo webinar, il professor Campanari ha illustrato le modalità con cui l’idrogeno verde prodotto da rinnovabili, “può contribuire a decarbonizzare settori non facilmente elettrificabili, come i trasporti ma anche l’industria manifatturiera. Ci sono Paesi all’avanguardia, come la Germania (che ha già 100 stazioni di rifornimento di idrogeno attive, e punta ad arrivare a 400 nel 2025), il Giappone e la Corea del Sud per quanto riguarda i trasporti, e ci sono progetti per inserire l’idrogeno, al posto del carbone, nei processi di produzione siderurgica in Svezia e Austria”.
Mauro Senili, Responsabile Hydrogen Fuel Cells, onsite production di SOL – azienda di Monza nata nel 1927, oggi attiva nella produzione e commercializzazione di gas tecnici e medicali, compreso ovviamente l’idrogeno, presente in 29 paesi con 4.300 dipendenti e un fatturato che nel 2019 ha raggiunto i 900 milioni di euro – ha quindi passato in rassegna la varie metodologie di produzione dell’idrogeno, “dallo steam methane refoming (SRM) senza cattura di CO2 (idrogeno grigio), che riguarda il 95% dei 70 milioni di tonnellate di idrogeno che si producono ogni anno nel mondo, al SRM con cattura di CO2 (idrogeno blu) fino all’elettrolisi dell’acqua alimentata da fonti rinnovabili (idrogeno verde), che può avvenire con tecnologia alcalina o PEM (a membrana)”. Ma ci sono anche nuove tecnologie, che si stanno dimostrando promettenti, “come la produzione foto-catalitica di idrogeno, la fotosintesi artificiale e la fermentazione anaerobica da biomassa in assenza di zolfo”. Quello che è certo, secondo Senili, è che le prospettive di mercato sono positive: “Secondo le stime più recenti i consumi di idrogeno saranno 5 volte quelli attuali entro il 2050”.
La parola è quindi passata a Mario Sisinni, Market Analyst Strategia di Sistema di Terna, che ha illustrato le previsioni di scenario messe a punto dall’azienda, in collaborazione con Snam, sopratutto in relazione alla quantità di energia elettrica che sarà necessaria in rapporto ai crescenti livelli di produzione dell’idrogeno tramite elettrolisi: “Per produrre 4,5 miliardi di metri cubi di idrogeno verde nel 2040, servirebbero 80 terawat di energia rinnovabile, un valore molto elevato, E’ quindi necessario immaginare soluzioni più articolate, che contemplino anche la possibilità di importare parte dell’idrogeno necessario”.
L’elettrolisi, da cui oggi deriva solo il 4% di tutto l’idrogeno prodotto nel mondo, ha comunque grandi potenzialità di sviluppo secondo Marco Luccioli, CEO della divisione italiana di McPhy Energy, gruppo francese specializzato nella produzione di impianti di elettrolisi, con una sede a Pisa: “Oggi McPhy, che privilegia la tecnologia alcalina rispetto alla PEM, ha 17 MW di capacità installata, ma abbiamo già venduto ad una joint-venture olandese un grande impianto da 20 MW, che consegneremo il prossimo anno, arrivando a 37 MW di capacità installata”.
Per quanto riguarda la competitività dell’idrogeno, Luccioli è convinto che essa possa derivare “dallo sviluppo delle tecnologie, dall’aumento del numero di progetti e delle loro dimensioni. Ma la prospettiva è in coraggiante: in 10 anni il capex dovrebbe passare dagli attuali 700 euro per Kw installato a 350 euro per Kw installato”.
Il futuro dell’idrogeno, però, non sarà caratterizzato soltanto dall’elettrolisi. “La nostra azienda – ha infatti rivelato Valerio Coppini, Vicepresident Busines Development di NextChem, la società del gruppo Maire Tecnimont focalizzata sulla transizione energetica – ha sviluppato e sta già iniziando a commercializzate due innovative tecnologie proprietarie. La prima, che noi chiamiamo idrogeno super-blu, prevede un processo di SRM elettrico (e quindi non alimentato con lo stesso metano che viene trasformato in idrogeno) con cattura di CO2, che se viene alimentato con energia rinnovabile è realmente a impatto zero. Una soluzione-ponte, che ha costi molto competitivi. La seconda tecnologia, anch’essa proprietaria di NextChem, prevede invece la gassificazione dei rifiuti, sia domestici che industriali. Abbiamo già due progetti in corso per impianti di grande dimensione, che produrranno idrogeno destinato a bioraffinerie”.
In chiusura del webinar, Paola Comotti di Innovhub SSB (e Presidente Commissione UNI “Idrogeno”) ha affrontato gli aspetti relativi al quadro normativo dell’idrogeno, su cui sono attivi diversi tavoli europei che tanno lavorando, tra le altre cose, anche sulla definizione della terminologia comune, passaggio fondamentale per poi delineare un quadro regolatorio comune a livello continentale.