Entro il 2025 debutterà sul mercato il primo elettrolizzatore realizzato al 100% ‘in house’ da De Nora
di Francesco Bottino
Rimini – L’azienda italiana De Nora, leader a livello internazionale nella produzione di elettrodi, componenti essenziali degli impianti di elettrolisi utilizzati per produrre idrogeno verde, proporrà sul mercato un proprio elettrolizzatore interamente sviluppato e realizzato ‘in house’ entro il 2025.
Lo ha annunciato Michele Sponchiado, Business Development Manager di De Nora, nel corso del convegno ‘Idrogeno verde: dalle tecnologie per la sua produzione all’utilizzo nelle hydrogen valleys’ organizzato da H2IT – Associazione Italiana Idrogeno ed ENEA nell’ambito della fiera K.EY di Rimini.
Sponchiado, intervenuto durante la tavola rotonda che ha visto confrontarsi alcuni dei protagonisti della nascente hydrogen industry nazionale, ha spiegato che il core-business di De Nora resterà la produzione di elettrodi e componenti destinati agli integratori che realizzano impianti completi (in quest’ambito si inserisce thyssenkrupp nucera, la joint-venture con thyssenkrupp, e anche il progetto della gigafactorty portato avanti insieme a Snam e finanziato dal programma ICPEI), ma ha aggiunto che l’azienda da oltre 2 anni sta sviluppando un proprio elettrolizzatore completamente in-house: “Questa esperienza ci aiuterà innanzitutto ad accompagnare lo sviluppo della tecnologia, ma puntiamo ad uno sbocco commerciale concreto, focalizzato sul segmento della piccola taglia, attorno a 1 MW. L’idea è quella di arrivare sul mercato nel 2025”.
Questo nuovo elettrolizzatore firmato De Nora, peraltro, avrà delle caratteristiche peculiari: “Sarà compatto come dimensioni pur garantendo performance elevate, e inoltre sarà già predisposto per utilizzare la tecnologia delle membrane a scambio anionico (AEM – Anion exchange membrane)”.
In questo stesso segmento di mercato, almeno dal punto di vista dimensionale, opera anche ErreDue, che – come ha spiegato il Direttore Luca Giacomelli – è pronta a far debuttare la sua linea di elettrolizzatori da 1 MW: “Si tratta di impianti modulari, composti da due celle da 500 kW ciascuna, in grado di erogare idrogeno a diversi livelli di pressione (5, 12 o 30 bar)”.
SolydEra, invece, “realizza le pile destinate ai sistemi di elettrolisi basati sulla tecnologia degli ossidi solidi, che è ancora caratterizzata da un livello di maturità meno avanzato, ma che può avere grandi potenzialità” secondo il Project Manager dell’azienda trentina Stefano Modena.
Durante la tavola rotonda del convegno ‘Idrogeno verde: dalle tecnologie per la sua produzione all’utilizzo nelle hydrogen valleys’ sono intervenuti anche Bartoloni Filippo, Responsabile Sviluppo Progetti di Enel Green Power, che ha passato in rassegna i numerosi progetti per la produzione di idrogeno verde in cui l’azienda è coinvolta, in Italia (con le iniziative IPCEI insieme a Saras ed Eni e con l’hub siciliano di Carlentini), e all’estero (soprattutto in Cile e in Spagna) e ha ricordato l’ambizione del gruppo di raggiungere i 3 GW di capacità di elettrolisi installata entro il 2030, e Stefano Socci, Hydrogen Strategy and Origination Senior Manager di Renantis, la nuova ragione sociale di Falck Renewables. “Per il nostro gruppo – ha sottolineato Socci – l’idrogeno costituisce un’opportunità per ampliare l’offerta ai clienti, affiancando all’elettrone anche una molecola green, sempre nell’ottica di un’integrazione tra i due vettori, che non riteniamo in competizione”.
Per Socci, però, “l’H2 oggi non è una commodity. È necessario un accordo diretto tra chi produce e chi consuma e attualmente, per ragioni legate ai costi elevati di compressione e trasporto, la produzione deve avvenire vicino al luogo di consumo”. Per il futuro, secondo il manager di Renantis, è lecito attendersi una riduzione del costo di produzione dell’idrogeno verde, “ma non dimentichiamo che questo non coincide con il costo della molecola sul mercato, valore molto difficile da prevedere poiché influenzato da una molteplicità di fattori”.

Infine Andrea Bombardi, Executive Vice President Carbon Reduction Excellence de gruppo RINA, ha evidenziato la necessità di concentrare gli sforzi non solo sulle tecnologie di produzione dell’H2, ma anche sui sistemi per l’importazione: “Per decarbonizzare i settori hard to abate, attività su cui RINA sta lavorando molto insieme a partner industriali, saranno necessarie quantità di idrogeno elevate, che non sarà possibile produrre completamente all’interno dell’UE. Lo ha previsto la stessa Commissione, che nel REPowerEU parla di 10 milioni di tonnellate di H2 prodotte internamente entro il 2030 e di un quantitativo analogo importato ogni anno da aree esterne ai confini dell’Unione”.
Alla luce di questo scenario, secondo Bombardi, l’Europa deve “lavorare allo sviluppo di tecnologie per il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno. Se infatti avremo necessità di importare questo vettore energetico, come appare evidente, dovremo essere in grado di farlo in modo sicuro e a costi competitivi, possibilmente con soluzioni tecnologiche sviluppate all’interno del Vecchio Continente”.