Entro il 2030 la Cina diventerà il primo importatore al mondo di idrogeno verde, secondo Deloitte

La Cina, entro il 2030, acquisterà da fonti internazionali 13 milioni di tonnellate annue di idrogeno verde, diventando il primo importatore al mondo del vettore energetico.

A prevederlo è un recente report pubblicato dalla società di consulenza Deloitte e ripreso dalla testata cinese in lingua inglese South China Morning Post.

Questo ammontare, necessario alla Repubblica Popolare per decarbonizzare differenti settori della sua economia, supererà di gran lunga quello delle importazioni europee, che secondo le stime (o meglio, gli obbiettivi) della Commissione UE arriveranno a 10 milioni di tonnellate annue entro la fine del decennio, e anche quello di Giappone e Corea, che si fermeranno a 7,5 milioni di tonnellate all’anno di H2 green.

Questa dipendenza da fonti estere durerà fino a quando la Cina riuscirà a diventare indipendente, producendo internamente tutto l’idrogeno rinnovabile necessario ai suoi consumi. Risultato che, secondo Deloitte, potrà essere raggiunto tra il 2050 e 2060.

Nel report viene quindi sottolineato che per centrare il target net-zero a livello globale entro il 2050 (in realtà Pechino ha già annunciato che la Repubblica Popolare diventerà ‘carbon neutral’ soltanto nel 2060) sarà necessario scalare il consumo di H2 fino a 6 volte i livelli attuali, e per soddisfare questa futura domanda la produzione di idrogeno rinnovabile dovrà raggiungere i 170 milioni di tonnellate annue entro il 2030 e i 600 milioni di tonnellate annue entro il 2050.

Almeno per il momento, però, si tratta di livelli di output che difficilmente potranno essere raggiunti: sulla base dei progetti di clean hydrogen fino ad ora annunciati, infatti, la produzione globale raggiungerà soltanto i 44 milioni di tonnellate nel 2030, circa un quarto del volume necessario, secondo Deloitte.

In ogni caso, è indubbio – e il report lo conferma – che il mercato internazionale dell’idrogeno presenti ottime prospettive di crescita, e il suo valore complessivo potrebbe arrivare fino a 1.400 miliardi di dollari entro il 2050, di cui 280 miliardi legati al commercio globale del vettore energetico. In questo scenario, in ragione dell’abbondanza di spazio e di fondi di energia rinnovabile, il Medio Oriente, il Nord Africa e l’Australia diventeranno le principali aree di produzione e quindi di export di H2, e più in generale entro il 2050 il 65% della produzione di idrogeno rinnovabile sarà concentrata in Paesi ‘emergenti’, dove verranno creati tra 1,5 milioni di nuovi posti di lavoro all’anno.