Entro il 2030 l’idrogeno verde costerà come quello blu, secondo IHS Markit

Nei prossimi anni crescerà esponenzialmente la capacità di elettrolisi installata in tutto il mondo, in Europa in particolare, e scenderà parallelamente il costo di produzione dell’idrogeno verde, che entro un decennio raggiungerà quello blu, di cui comunque non si potrà fare a meno.

Dinamiche già note, su cui offre uno sguardo dettagliato e puntuale il gruppo britannico IHS Markit, specializzato in servizi di ‘business intelligence’, in un recente report intitolato “Bringing people together: The role of hydrogen in a deeply decarbonized future”

IHS prevede infatti un notevole incremento della nuova capacità di elettrolisi installata ogni anno: si passa dai 50 MW addizionali del 2020, a oltre 300 MW nel 2021 e nel 2021 (si parla sempre di nuova capacità aggiuntiva installata ogni anno), a 500 MW nel 2023, 450 MW nel 2024 e 100 MW nel 2025. Con dimensioni medie degli impianti anch’esse in progressiva crescita.

Parallelamente, e come conseguenza, il costo di produzione dell’idrogeno verde – quello generato tramite elettrolisi dell’acqua alimentata con energia rinnovabile – già sceso dai 9-10 euro per ogni Kg di idrogeno prodotto del 2015 (quando la dimensione media degli impianti era pari a circa 5 MW) agli attuali 5 euro al kg di H2 (con dimensione media degli impianti a 10 MW), continuerà a calare per arrivare sotto i 4 euro a Kg nel 2025 (capacità media 20 MW) e attestarsi attorno ai 3 euro a Kg nel 2030, quando la capacità media degli impianti – secondo IHS Markit – dovrebbe aver raggiunto i 100 MW. Cifra, quella dei 3 euro a Kg prodotto, che avvicinerà molto il costo dell’idrogeno verde a quello dell’idrogeno blu, ovvero l’H2 prodotto da steam reforming del metano con cattura della CO2, che si attesta (e resterà stabile) appena al di sotto dei 3 euro a Kg.

Idrogeno blu di cui peraltro peraltro, secondo l’analista britannico, non si potrà fare a meno anche in futuro, per soddisfare una domanda di prodotto prevista in costante crescita.

Evidenza che per IHS ha il pregio di continuare ad assegnare un ruolo significativo agli idrocarburi anche in futuro ‘decarbonizzato’. E lo sanno bene le oil major e le multinazionali energetiche tradizionali, che secondo il report stanno investendo cifre sempre maggiori nello sviluppo di nuove tecnologie dedicate proprio all’idrogeno.

IHS ricorda poi che l’idrogeno (anche se nella sua forma grigia, quella più inquinante) è già prodotto, trasportato e stoccato in grandi quantità, e che già oggi risulta essere competitivo a livello di costi nelle applicazioni per il riscaldamento, mentre lo diventerà nel corso del prossimo decennio per l’alimentazione di veicoli pesanti a fuel cell.

Ma il ruolo dell’H2 è destinato a rafforzarsi ulteriormente nei prossimi anni: IHS Markit prevede infatti che, nelle regioni che puntano a raggiungere l’obbiettivo ‘zero-carbon’, l’H2 potrà arrivare a fornire la stessa quantità di energia fornita oggi dal metano, ovvero il 25% del totale, mentre in aree i cui gli obbiettivi sono meno ambiziosi potrà comunque attestarsi attorno al 10% del mix energetico complessivo.

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