H2 fondamentale per decarbonizzare l’industria ceramica: il punto alla fiera TECNA di Rimini

di Francesco Bottino

Rimini – L’industria della ceramica – quella italiana, vale la pena ricordare, è la prima in Europa con il 24% della produzione continentale (la produzione nazionale si concentra, a sua volta, per il 92% in Emilia-Romagna) – è uno dei comparti ‘hard to abate’ tecnologicamente più pronti per l’introduzione dell’idrogeno nel ciclo produttivo, soluzione peraltro ‘obbligata’ per rispettare i limiti alle emissioni fissati da Bruxelles, dato che determinate lavorazioni richiedono temperature molto elevante, che i forni elettrici non riescono a raggiungere.

Su questi temi si sono confrontati diversi operatori nel corso della sessione ‘Nuove frontiere dell’idrogeno: sfide ed opportunità in Europa’, nell’ambito del convegno ‘Sostenibilità in Ceramica’ che si è svolto alla fiera TECNA, in corso al quartiere espositivo di Rimini (è organizzata da Italian Exhibition Group – IEG).

Dopo i saluti introduttivi di Paolo Lamberti, Presidente dell’associazione ACIMAC, e di Alessandra Astolfi, in rappresentanza degli organizzatori di IEG, Claudia Bassano, ricercatrice dell’ENEA, ha fornito un quadro generale riguardo la filiera dell’H2 e l’utilizzo di questo vettore energetico nell’industria ‘hard to abate’, focalizzando l’attenzione sulle opportunità ma anche sulle sfida da affrontare e sui problemi ancora da risolvere.

Lorenzo Ducci, Responsabile Hydrogen Commercial Office della Hydrogen Business Unit di Enel Green Power, ha quindi ricordato che in Italia l’industria ceramica genera circa 6,1 miliardi di euro all’anno di fatturato, consuma 1.500 Msm3 all’anno di gas naturale ed emette 4 milioni di tonnellate annue di CO2.

“Se tutto il settore, nel nostro Paese, iniziasse ad utilizzare – ha spiegato Ducci – un mix al 50% di metano e idrogeno, avremmo bisogno di 102.000 tonnellate all’anno di H2, ottenendo una riduzione delle emissioni di CO2 del 20%”. In sostanza – ha aggiunto il manager del gruppo Enel – con 1 Kg di idrogeno è possibile produrre 1,4 metri quadrati di gress porcellanato, utilizzando il vettore principalmente nei processi di atomizzazione e cottura.

Enel Green Power è già al lavoro su alcuni progetti concreti in questo ambito, a partire da quello che vede protagonista l’azienda sarda Ceramica Mediterranea: grazie ad un elettrolizzatore (alimentato con energia rinnovabile prelevata dalla rete) e ad un impianto di accumulo, lo stabilimento disporrà di idrogeno verde sufficiente a sostituire fino a 1.600 tonnellate all’anno di GPL attualmente utilizzato, evitando l’emissione in atmosfera di 4.800 tonnellate all’anno di CO2.

Naturalmente affinché l’H2 possa essere effettivamente introdotto nel ciclo produttivo della ceramica, anche i fornitori di tecnologia e impiantistica devono muoversi in questa direzione, cosa che effettivamente sta già avvenendo.

Come spiegato da Claudio Ricci, Tiles R&D Coordinator di Sacmi, l’azienda offre già forni e altri macchinari in grado di utilizzare H2 come combustibile, in blend col metano: “Entro il 2025 tutta la nostra gamma potrà bruciare idrogeno fino al 50%, consentendo di abbattere le emissioni di CO2 del 65% rispetto ai valori del 1990 e superando quindi i target fissati dall’UE, che parlano di un -55% entro il 2030”.

Discorso analogo per SITI B&T, che – come ha ricordato il suo Thermal Machines Product Manager Ruggero Casoni – fin dal 2018 ha iniziato a sviluppare soluzioni per l’utilizzo di idrogeno e proprio quest’anno ha depositato il brevetto per un innovativo bruciatore ad H2. SITI B&T sta inoltre lavorando ad un forno innovativo in grado di bruciare quantità crescenti di questo vettore energetico green.

La tecnologia, quindi, è pronta, e – come confermato sia da Ricci sia da Casoni – anche i clienti, ovvero i produttori di ceramica, sono convinti della necessità di a investire in questa direzione.