H2 green: l’analisi di Confindustria ed ENEA su potenzialità e costi per le filiere ‘hard to abate’ nazionali

di Francesco Bottino

L’idrogeno verde ha ottime potenzialità di diventare uno strumento chiave per decarbonizzare le filiere ‘hard to abate’ italiane, ma il suo costo è ancora lontano dal valore target che renderebbe questa opzione competitiva dal punto di vista economico.

Lo avevano detto nei giorni scorsi alcuni dei principali esponenti dell’industria italiana nel corso di un webinar organizzato da Confindustria ed ENEA e lo confermano i numeri contenuti nel dossier ‘Piano d’azione per l’idrogeno – Potenzialità dell’industria nazionale nella prospettiva della transizione ecologica e mappatura dei potenziali off-taker’, redatto dalla due organizzazioni a valle di un approfondito lavoro di ricerca sul campo.

L’obbiettivo dello studio è quello di fornire un quadro di insieme sullo stato di sviluppo e diffusione delle tecnologie per l’idrogeno nel panorama industriale nazionale, e da esso emerge una positiva valutazione del potenziale e di penetrazione e diffusione dell’utilizzo di H2 nei differenti settori industriali nonché una dettagliata mappatura dei potenziali off-takers.

Le differenze maggiori tra i settori di utilizzo riguardano, oltre che l’entità dei potenziali consumi annui di idrogeno, il grado di ‘readiness’ tecnologica/commerciale relativa all’impiego di questo vettore energetico nelle diverse filiere industriali. Alcuni comparti – secondo l’analisi di Confindustria ed ENEA – risultano infatti già pronti, in quanto l’idrogeno è già convenzionalmente e ampiamente utilizzato nei rispettivi processi produttivi (raffineria, petrolchimica, chimica, siderurgia, metalli non ferrosi), altri presentano una situazione pre-commerciale adattabile all’impiego dell’idrogeno (p.es. settore termico/caldaie residenziali), così come altri richiedono un ulteriore sviluppo tecnologico, seppure presentino un alto potenziale di utilizzo di idrogeno (carta, ceramica, vetro, cemento, mobilità e logistica).

I settori con potenziali maggiori consumi di idrogeno sono risultati: il settore della carta, la siderurgia, la chimica, la ceramica, il cemento ed il vetro Convertire i consumi termici di questi settori, con l’introduzione di miscele al 20 % di idrogeno in gas naturale, consentirebbe di coprire per circa il 34 % l’obiettivo prefissato per il 2030 dalle linee guida per la Strategia per l’Idrogeno emanate dal MiSE a fine 2020 (0,7 Mt/anno al 2030), valore che salirebbe al 45 % aggiungendo al computo una quota parte della domanda di idrogeno proveniente dal settore della raffinazione. Al contempo – si legge ancora nel dossier – i singoli settori potrebbero beneficiare di un costo evitato relativo alle mancate emissioni di CO2 compreso tra 2 e i 41 milioni di euro (assumendo un valore degli ETS pari a 60 euro/tonCO2).

La stima della quantità di idrogeno in sostituzione del gas naturale – ipotizzando una miscela 20 % idrogeno e 80 % gas naturale – congiuntamente al potenziale di trasformazione di quanto attualmente prodotto e consumato come feedstock nell’industria della raffinazione, petrolchimica e chimica, consentirebbe poi di individuare il potenziale della domanda di idrogeno in prospettiva e come i target prefissati potrebbero essere in parte raggiunti.

L’analisi si concentra poi anche sui costi, separando capex e oneri variabili. In questo secondo caso, Confindustria ed ENEA stimano che l’idrogeno verde potrebbe essere competitivo, nel contesto della decarbonizzazione delle filiere industriali italiane, ad un prezzo di 3,7 euro al Kg. E ciò assumendo un costo evitato delle quote ETS pari a 60 euro/tonCO2 e un mancato acquisto del gas naturale a quotazioni standard di 30 euro/MWh.

Anche con queste premesse – che appaiono decisamente ottimistiche in un contesto, quale quello attuale, in cui entrambi i valori sono ben superiori a quelli indicati, specie quello del gas – oggi siamo ancora lontani dall’obbiettivo: attualmente il prezzo dell’idrogeno green nella letteratura scientifica internazionale è infatti indicato su valori di 10-12 euro/kg, mentre l’idrogeno blu ha costi di produzione inferiori.