Idrogeno: per Techint Bruxelles dovrebbe sostenere i progetti delle aziende europee anche al di fuori dell’UE

di Francesco Bottino

Milano – Al momento i fondi stanziati dalla Commissione Europea per lo sviluppo della filiera dell’idrogeno sono spendibili dalle aziende solo per progetti ubicati all’interno dei confini dell’Unione.

Una questione di priorità per alcuni, un limite che potrebbe in qualche modo ostacolare la competitività dell’industria del Vecchio Continente a livello globale per altri.

E’ stato questo uno dei molti temi affrontati durante il Global LNG & Hydrogen Forum organizzato a Milano dalla società Alj Group, di cui HydroNews era ‘media partner’.

Ad affrontare per primo l’argomento – nel corso della tavola rotonda ‘Unlocking Hydrogen Potential’, che ha seguito l’intervento introduttivo di Bart Biebuyck, Director della Fuel Cell & Hydrogen Joint Undertaking (FCH JU; partnership pubblico-privata europea) – è stato Mauro Paganelli, Head of Process & HSE Engineering del gruppo Techint, corporation industriale italo-argentina.

“Al momento, in tema di idrogeno, l’UE sta finanziando soltanto progetti europei. Non è possibile, per le aziende europee che stanno sviluppando iniziative al di fuori dell’Unione, per esempio in Sud America (dove Techint è fortemente radicata; ndr), accedere a queste risorse” ha spiegato Paganelli. “Eppure in questo tipo di progetti c’è un forte coinvolgimento di tecnologie europee e della filiera europea. Sostenere questo tipo di investimenti contribuirebbe a rendere la nostra industria dell’idrogeno più competitiva a livello internazionale. Questo è quello che per esempio – ha ricordato il manager di Techint – sta facendo il Giappone, che finanzia i progetti delle aziende giapponesi non solo in patria, ma anche all’estero”.

Una visione condivisibile, che tuttavia deve fare i conti con la scala delle priorità di Bruxelles. Almeno secondo Felicia Master, Senior Policy Advisor dell’associazione Hydrogen Europe, che ha ricordato: “Per ora l’obbiettivo primario è quello di decarbonizzare l’economia continentale, riducendo le emissioni di CO2 prodotte all’interno dell’UE. Senza dimenticare che le risorse comunitarie hanno anche lo scopo di far tornare a crescere l’occupazione europea, dopo la crisi dovuta alla pandemia di Covid-19”. Certo, ha aggiunto, Master, “in una seconda fase si potrà iniziare a investire anche in progetti extra-UE, anche perché sembra ormai certo che molti Paresi dell’Unione dovranno importare H2 dall’estero (e probabilmente dall’esterno dell’Unione) per soddisfare la loro futura domanda interna”.

Un altro tema che ha tenuto banco durante la tavola rotonda dell’evento milanese è stato quello relativo al quadro regolatorio, che va modificato e adattato per favorire lo sviluppo dell’idrogeno.

“Le questioni da affrontare sono diverse, a partire dalla burocrazia, che va semplificata per rendere più rapido l’iter di approvazione dei progetti” ha aggiunto su questo tema l’advisor di Hydrogen Europe. “Inoltre non possiamo pensare che sia sufficiente adattare la normativa in vigore per il metano. In alcuni casi questo approccio può funzionare, ma ci sono aspetti che necessitano di regole e standard dedicati”. Il tutto, con l’obbiettivo di “creare in Europa un mercato competitivo dell’idrogeno come commodity energetica”.

Il tema della regolazione è stato affrontato anche da Peter Gersti, Director Hydrogen Sales EMEA, Chart Industries, che ha ricordato come un importante progetto in corso in Norvegia, “relativo allo sviluppo di un traghetto alimentato con idrogeno liquido, ambito in cui il nostro gruppo è in grado di offrire molteplici soluzioni tecnologiche, abbia subito notevoli ritardi proprio a causa del processo di autorizzazione che ha dovuto fare in conti con un ‘vuoto’ normativo”.

Oltre alle norme dedicate all’idrogeno, mancano anche dei riferimenti terminologici chiari e accettati a livello internazionale: “Per esempio – si è chiesto Paganelli, il cui gruppo di appartenenza è fortemente coinvolto in questo settore industriale – a cosa ci riferiamo quando parliamo di acciaio ‘green’? Al momento non è così facile stabilirlo”.

Infine, aspetto su cui tutti i panelist si sono trovati d’accordo, è risultato di particolare importanza favorire un’informazione corretta riguardo i rischi connessi all’idrogeno, che ovviamente ci sono, ma che non differiscono molto da quelli propri di ogni altro combustibile e che vanno quindi gestiti adeguatamente, ma soprattutto spiegati correttamente al pubblico per evitare l’atteggiamento noto come ‘ninmby’ (not in my backyard – non nel mio cortile).

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