Idrogeno verde: lo studio di Fichtner Italia per Elettricità Futura
di Francesco Bottino
Dinamiche di costo e incentivi sono tra i temi principali affrontati nel dossier ‘Idrogeno: inquadramento tecnico e di mercato per lo sviluppo di iniziative’, commissionato alla società di consulenza Fichtner Italia da alcuni membri di Elettricità Futura e patrocinato dalla stessa associazione (aderente a Confindustria).
Il report è riservato ai soci dell’organizzazione, ma Massimo Andreoni, Head of Management Consulting di Fichtner Italia – filiale del gruppo tedesco Fichtner, specializzato nella consulenza ingegneristica e manageriale, che impiega nel Belpaese 25 addetti (sui circa 1.500 in totale) – ha spiegato ad HydroNews quali sono le principali risultanze di questa approfondita analisi.
“Abbiamo realizzato una panoramica sullo stato attuale del settore dell’idrogeno analizzando le prospettive di sviluppo del comparto dal punto di vista economico e tecnico, e le principali tematiche emerse riguardano sicuramente la sostenibilità economica dell’idrogeno verde, che riteniamo potrà arrivare ad essere competitivo, ad un prezzo di 2-3 euro al Kg (dagli attuali 5-6 euro), entro il 2030, a patto tuttavia che il costo dei certificati della CO2, già oggi al livello record di 50 euro a tonnellata, possano raggiungere i 100 euro entro la fine del decennio”.
Altro tema di particolare rilevanza è quello relativo al quadro normativo, che va aggiornato per ‘abbracciare’ l’H2 in tutti i suoi aspetti, e agli incentivi: “Al momento – ricorda Andreoni – ci troviamo nella stessa situazione vissuta dal settore fotovoltaico una decina di anni fa. Sicuramente servirà un sostegno pubblico, ma le cose effettivamente già si stanno muovendo in questa direzione con i fondi stanziati a favore dell’idrogeno dal Governo italiano nel PNRR e con diversi programmi europei come l’Innovation Fund e l’IPCEI”.
Ma, affinché questi sostegni siano davvero efficaci, secondo il manager di Fichtner sarà importante “che siano distribuiti lungo tutta la filiera dell’H2, dalla produzione alle tecnologie fino agli usi finali”.
In relazione al costo dell’idrogeno verde e alle sue future dinamiche evolutive, dallo studio patrocinato da Elettricità Futura emerge chiaramente l’incidenza, ad oggi molto elevata, della logistica dell’H2: “Il trasporto, specie quello su camion cisterna, è ancora molto caro e influenza sensibilmente il costo finale. Per questo appaiono particolarmente sensate le ‘hydrogen valley’, dove la vicinanza tra produzione e centri di consumo riduce al minimo l’impatto del trasporto sul costo finale del vettore energetico”.
Il dossier di Fichtner ha analizzato anche la possibile immissione di idrogeno nei gasdotti, in blend col metano, “che è un argomento molto complesso. Va infatti ricordato che se oggi l’H2 green è sostanzialmente già competitivo con altri fuel nell’ambito della mobilità, ha un costo che è ancora di 5 volte superiore rispetto al metano. Il suo utilizzo in ambito industriale è quini al momento non competitivo dal punto di vista economico, anche se ovviamente ha un forte impatto sulla riduzione delle emissioni di CO2 e quindi può portare anche benefici in termini di ‘branding’ ambientale per le aziende che decideranno di utilizzarlo”.
Passando in rassegna i diversi impieghi dell’idrogeno, Andreoni si sofferma quindi sulla possibilità di sfruttare il vettore per stoccare energia elettrica: “Nel breve termine il procedimento non ha molto senso, perché ritrasformando in elettricità l’idrogeno verde si perde fino al 70% dell’energia utilizzata inizialmente per produrlo”. Questo tipo di schema, tuttavia, assume un diverso valore in un’ottica di lungo periodo: “Se si utilizza l’idrogeno per stoccaggi strategici stagionali di energia rinnovabile, che altrimenti andrebbe dispersa e inutilizzata, allora ovviamente il discorso cambia e anche questa destinazione assume una sua rilevanza”.
In ogni caso, per il manager di Fichtner, la priorità deve essere quella di “favorire il consolidamento di una domanda di idrogeno, che possa stimolare la creazione di un vero mercato per questa commodity. Altrimenti, non avrebbe senso produrlo”. Obbiettivo per il cui raggiungimento un contributo determinante, ancorché transitorio, arriverà dalla variante blu dell’H2 (quella prodotta con steam reforming del metano e cattura della CO2), “già disponibile in maggiori quantità e a costi più competitivi rispetto alla variante verde”.