Il Ministro Cingolani traccia la ‘via italiana’ per l’idrogeno: “L’H2 green è la soluzione finale, ma non sarà immediata”
di Francesco Bottino
Subito il metano, per azzerare immediatamente l’utilizzo di carbone, e poi l’idrogeno, con la variante verde come obbiettivo finale e quella blu come strumento temporaneo.
E’ una transizione radicale e profonda, ma pur sempre a tappe progressive, quella immaginata dal Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani e illustrata negli step principali nel corso dell’evento digitale “Verde e blu, l’idrogeno e la transizione energetica in Italia”, organizzato dall’agenzia Ansa.
“Siamo tutti d’accordo che l’idrogeno avrà un ruolo determinante per raggiungere gli obbiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati dall’Unione Europea al 2030 (-55% rispetto al 2019) e al 2050 (net zero), ma dobbiamo anche essere tutti consapevoli che non si tratta di una soluzione immediata. Sarà un percorso lungo, che dovrà superare una serie di ostacoli di ordine infrastrutturale e anche burocratico. Se non alleggeriremo il peso delle norme e la lentezza delle amministrazioni in termini di risposte non riusciremo mai a realizzare nessuna transizione”.
Per quanto riguardai i colori dell’idrogeno, Cingolani ha indicato un percorso chiaro: “Vogliamo puntare al tutto verde, ma non è detto che riusciremo a farcela come tempi. Per ridurre del 55% le emissioni entro il 2030 usando solo H2 green, servirà un enorme incremento della nostra capacità di produrre energia rinnovabile: parliamo di 60-70 GW addizionali in 10 anni. Tenendo conto che in questi ultimi anni abbiamo progredito solo di centinaia di MW all’anno, non è detto che riusciremo a centrare l’obbiettivo. Ma, in caso non ce la facessimo, non penso sarebbe un dramma: si potranno usare, per un tempo limitato, altre forme di idrogeno pulito. Una sorta di ‘piano B’ da attuare se la via maestra, quella dell’H2 green, subirà dei rallentamenti”.
Definita la visione strategia, il titolare del MITE ha lasciato la parola al presidente di ARERA Stefano Besseghini e alla responsabile del laboratorio idrogeno dell’ENEA, Giulia Monteleone, che hanno parlato rispettivamente del tema di una regolazione del futuro mercato dell’idrogeno e del ruolo della ricerca per lo sviluppo delle tecnologie, “che ora deve puntare soprattutto a rendere efficiente su larga scala, e anche più competitiva in termini di costi, l’elettrolisi”.
E’ stata quindi la volta dei player industriali, come Massimiliano Di Silvestre, Presidente e Amministratore delegato Bmw Italia, che ha parlato del debutto, previsto per il prossimo anno, del primo suv a idrogeno della casa dell’elica, e di Pier Lorenzo Dell’Orco, Amministratore delegato Italgas Reti, che ha affrontato il tema della gestione dell’H2 nelle reti di distribuzione del gas, “possibile grazie alla digitalizzazione delle infrastrutture”, e ha fornito anche maggiori dettagli sul progetto per la prima comunità energetica europea dell’idrogeno verde, che Italgas realizzerà in Sardegna (con la collaborazione di CRS4 – Centro di Ricerca del Parco tecnologico della Sardegna) investendo 15 milioni di euro.
Cosma Panzacchi, Executive Vice President Hydrogen di Snam, ha quindi delineato le principali linee d’azione della multiforme strategia del gruppo guidato da Marco Alverà in tema di idrogeno: “Stiamo lavorando su tre diversi aspetti. Per quanto riguarda l’infrastruttura, studiamo la nostra rete per renderla al 100% hydrogen ready (lo è già al 70%), collaboriamo con gli altri TSO europei alla definizione di standard operativi e di sicurezza comuni in tema di H2 e cerchiamo di dare il nostro contributo alla realizzazione delle prime hydrogen valley italiane”. Snam si sta poi muovendo per sostenere il consolidamento di una domanda nazionale di idrogeno, “dialogando con i potenziali user industriali per capire in che modo possiamo accompagnarli in questo nuovo percorso” e infine, ha ricordato Panzacchi, “puntiamo anche sulla tecnologia, con investimenti diretti nei due produttori di fuel cell ITM Power e De Nora”.
Strategia in parte analoga a quella del gruppo Edison, che tramite la controllante francese EdF è azionista di McPhy, azienda transalpina (ma presente con un proprio stabilimento anche in Italia) anch’essa specializzata nella fornitura di tecnologie per l’H2 e che, “forte di una posizione di leadership nelle rinnovabili” ha ricordato Giovanni Brianza, Strategy, Executive VP Strategy, Corporate Development & Innovation dell’azienda di Foro Bonaparte, sta lavorando insieme a partner come Snam a progetti nei settori industriali ‘hard to abate’ “come quello relativo all’acciaieria Tenaris di Dalmine e anche ad iniziative di collaborazione con Politecnico di Milano e Politecnico di Tornino, con cui stiamo testando diverse tecnologie di elettrolisi, sia per grandi industrie e che per PMI”.
Il ruolo fondamentale del dialogo tra ricerca e industria è stato anche al centro dell’intervento di Luigi Crema, direttore del Centro Energie Sostenibili della Fondazione Bruno Kessler di Trento, mentre Fabrizio Di Amato, Presidente di Maire Tecnimont, ha illustrato il modello di distretto circolare dell’idrogeno messo a punto dalla controllata NextChem, “che prevede l’utilizzo dei rifiuti plastici per produrre H2 completamene rinnovabile. Abbiamo già un dialogo aperto con l’Eni per installare uno dei nostri sistemi di waste-to-hydrogen nella loro raffineria di Taranto, ma il modello si potrebbe replicare anche nel vicino impianto siderurgico ex Ilva. Saremmo in grado di fornire idrogeno totalmente decarbonizzato sufficiente a produrre il 20% di tutto l’output complessivo del sito” ha assicurato Di Amato.
L’ultimo ‘capitolo’ affrontato nell’webinar dell’Ansa è stato quello della mobilità a idrogeno, con gli interventi di Diego Cattoni, Amministratore delegato di Autostrada del Brennero, e di Andrea Gibelli, Presidente di FNM (Ferrovie Nord Milano).
Il primo ha parlato dell’esperienza accumulata grazie alla gestione di quella che ad oggi resta l’unica stazione di rifornimento di idrogeno attiva (dal 2014) in Italia, “dove abbiamo anche un impianto di elettrolisi che produce in loco l’H2 poi distribuito sia a mezzi pesanti che ad auto private” e del progetto di creare lungo tutto l’asse autostradale che collega Modena con l’Austria “un green corridor a zero emissioni, grazie a nuove stazioni di rifornimento che realizzeremo nei prossimi anni, e a zero incidenti, utilizzando una serie di tecnologie innovative già in fase di installazione lungo l’arteria autostradale”.
Il secondo, alla guida del primo operatore ferroviario italiano che, a partire dal 2023 opererà i treni a idrogeno di Alstom, ha parlato del progetto della ‘hydrogen valley’ in Valcamonica (H2iseO), che prevede anche la produzione dell’H2 necessario ad alimentare i convogli: “L’obbiettivo è generare idrogeno green sfruttando l’energia idroelettrica disponibile nella zona, ma se ciò non fosse possibile da subito pensiamo di usare idrogeno blu prodotto con reforming di metano, con un processo doppiamente positivo per l’ambiente. Per produrre il biometano, infatti, si sottrae CO2 all’atmosfera. La stessa anidride carbonica che poi si genera con la trasformazione in idrogeno: se anche la liberassimo, saremmo comunque carbon neutral, ma noi intendiamo catturarla e stoccarla con tecnologie di CCS”.