La ricerca italiana sull’idrogeno chiama l’industria al suo fianco per ‘pesare’ di più in Europa
di Francesco Bottino
Roma – Le aziende dovrebbero partecipare in modo più attivo e costante all’attività internazionale di Hydrogen Europe, per poter incidere in misura maggiore sulla definizione delle priorità verso cui vengono indirizzati i fondi europei assegnati per sostenere lo sviluppo di progetti legati all’H2 tramite la Clean Hydrogen Partnership, la partnership europea pubblico-privata di cui la stessa Hydrogen Europe è uno dei componenti, insieme ad Hydrogen Europe Research e alla Commissione UE.
È questo l’auspicio lanciato dai rappresentati del mondo della ricerca nazionale – che si è mossa invece con maggiore efficacia fino ad ottenere la presidenza di Hydrogen Europe Research, da poco assegnata a Luigi Crema, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento nonché Vicepresidente di H2TI – durante l’evento di presentazione della ‘call’ 2023 della Clean Hydrogen Partnership, svoltosi ieri a Roma per iniziativa dell’ENEA.
Durante il seminario Luca Feola, Project Manager della Clean Hydrogen Partnership, ha illustrato in dettaglio le caratteristiche del bando, che mette a disposizione 195 milioni di euro per lo sviluppo di progetti raggruppati in 26 diversi ‘topic’ relativi ai vari segmenti della value chain dell’idrogeno: produzione di H2, stoccaggio e distribuzione, usi finali nei trasporti e nel power, nuove tecnologie e ricerca.
“Fino ad ora la Clean Hydrogen Partnership, che prima si chiamata Fuel Cell and Hydrogen Joint Undertaking, ha finanziato soprattutto progetti legati all’utilizzo di idrogeno, ma in quest’ultima call c’è una maggiore attenzione anche al lato della produzione” ha spiegato Feola, che ha poi ricordato che i finanziamenti della Partnership possono essere cumulati con altri fondi europei, “a patto che non ci siano sovrapposizioni, e che i vari programmi finanzino aspetti diversi di un singolo progetto”.

Il rappresentante della Clean Hydrogen Partnership è quindi entrato nel dettaglio dei singoli topic in cui si articola la call, grazie anche al contributo di Luigi Crema, come detto recentemente eletto Presidente di Hydrogen Europe Research (organizzazione composta da oltre 130 università e centri di ricerca internazionali), e di Viviana Cigolotti, ricercatrice dell’ENEA, membro del board e leader del Comitato Tecnico sugli usi finali dell’idrogeno per applicazioni stazionarie e nel settore industriale di Hydrogen Europe Research.
Ed è stata proprio Cigolotti ad esortare le aziende italiane attive nella filiera dell’H2 ad essere maggiormente presenti in sede europea, al fianco degli enti di ricerca: “Solo attraverso la collaborazione tra industria e ricerca potremo tutelare efficacemente l’interesse nazionale in materia di idrogeno. Altrimenti i topic di queste call saranno sempre concentrati sugli interessi di qualche altro Paese”.
Come spiegato da Crema, infatti, il lavoro preparatorio di un bando della Clean Hydrogen Partnership parte ben oltre un anno prima della sua uscita, e seguoe un iter ben preciso: “Ad ottobre di solito Hydrogen Europe ed Hydrogen Europe Research iniziano a proporre topic, in linea con le priorità strategiche definite dal board della partnership. Dopo di ché i gruppi di scrittura mettono ‘nero su bianco’ i contenuti della call, la quale viene a sua volta revisionata della Commissione prima della stesura finale, che solitamente avviene nell’ottobre dell’anno precedente alla pubblicazione (e dopo un anno dall’avvio dell’iter)”.
Ecco quindi come una più nutrita ed attiva rappresentanza di aziende tricolori in Hydrogen Europe, affianca a quella già consolidata del mondo della ricerca nell’organizzazione ‘parallela’ Hydrogen Europe Research, potrebbe consentire all’Italia di incidere maggiormente sull’identificazione delle priorità di una call.
“Il nostro Paese – ha sottolineato a tal proposito Giorgio Graditi, Direttore Generale dell’ENEA – deve svolgere un ruolo di primo piano anche in questo tipo di processi in sede europea, ma per riuscirci è necessario un forte coordinamento tra industria e ricerca, che sia in grado di sostenere un topic proposto. Su questo il nostro invito – ha aggiunto Graditi – è quello di essere più coesi e quindi competitivi con i proponenti di altri Paesi EU”.

Durante l’evento romano sono stati quindi presentati i risultati di alcuni progetti europei già finanziati dalla Clean Hydrogen Partnership che vedono una significativa presenza italiana: Antonino Aricò del CNR ITAE ha parlato dei progetti HPEM2GAS, ANIONE e Clean Hydrogen Advancepem, relativi a tecnologie innovative per l’elettrolisi; Elio Jannelli dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” – ATENA ha ripercorso le tappe essenziali del progetto H2Ports per l’utilizzo di H2 in diverse applicazioni portuali; Giannicola Loriga di RINA Consulting ha illustrato i primi risultati del progetto EVERYWH2ERE, che prevede l’utilizzo di impianti di generazione elettrica costituiti da fuel cell a idrogeno in applicazioni stazionarie temporanee.
Infine Cristina Maggi, Direttrice di H2IT, ha riassunto l’attuale articolazione delle risorse pubbliche, europee e nazionali, disponibili per progetti riguardanti l’idrogeno, sottolineando anche il ruolo svolto dall’associazione al fianco delle imprese italiane di tutta la filiera, mentre Miriam De Angelis di APRE ha parlato dei servizi del Punto di Contatto Nazionale e ha offerto alcuni suggerimenti per preparare una proposta competitiva alla ‘call’ 2023 della Clean Hydrogen Partnership.