La strategia di Enel per l’idrogeno green

di Francesco Bottino

Una visione ben chiara, che punta tutto sulla variante verde dell’idrogeno, un modello di business definito a una pipeline di progetti concreti che partirà da quello (già annunciato) in Cile e che dovrebbe portare Enel ad avviare il suo primo elettrolizzatore in Italia nel corso del 2022.

Di tutto questo, e di molto altro, ha parlato Carlo Zorzoli, Responsabile Business Development di Enel Green Power e Responsabile Business Development di Enel Global Power Generation, in questa intervista esclusiva ad Hydronews.

Quale sarà, secondo Enel, il ruolo dell’idrogeno nel processo di transizione energetica?

Secondo noi il settore elettrico è il più facile da decarbonizzare, e l’obbiettivo zero emissioni potrà essere raggiunto, anche se ci vorrà del tempo. Ma ci sono molti altri comparti, definiti ‘hard to ‘abate’, che non sono elettrificabili: parliamo dei trasporti stradali pesanti su lunga distanza, del trasporto marittimo, aereo e ferroviario nelle tratte che non è conveniente elettrificare. In tutte queste situazioni, l’idrogeno potrà essere certamente una soluzione molto efficace, anche se non necessariamente l’unica.

L’obbiettivo deve essere quello di elettrificare dove è possibile e di trovare altre modalità di decarbonizzazione, a partire proprio dall’idrogeno, in tutte le altre situazioni. Siamo fortemente convinti che elettricità e H2 non siano competitor, ma elementi perfettamente complementari del processo di transizione energetica.

Il vostro gruppo ha sempre sostenuto la necessità di puntare subito, e soltanto, sull’ H2 green..

Pensiamo che la priorità sia quella di evitare, quando possibile, la produzione di CO2. Anche perché le tecnologie per la cattura e lo stoccaggio dell’anidride carbonica (CCS, utilizzate per la produzione del cosiddetto idrogeno blu; ndr) sono ancora oggi molto costose e non sempre efficaci come si vorrebbe. La CO2 catturata non è mai il 100% di quella prodotta, e poi c’è il problema dei siti di stoccaggio: chi ci garantisce che l’anidride carbonica resterà dove la mettiamo per sempre? Se dopo 50 o 100 anni si dovesse ri-liberare, non avremmo risolto niente, ma solo spostato il problema avanti nel tempo. Meglio, secondo la nostra visione, concentrare energie e risorse direttamente sulla soluzione definitiva, ovvero quella dell’idrogeno verde prodotto da elettrolisi dell’acqua alimentata con energia di rinnovabile, che non emette CO2.

Come sarà strutturata la strategia di Enel per l’idrogeno?

Innanzitutto dobbiamo analizzare separatamente il lato della domanda e quello dell’offerta di H2. Nel primo caso, abbiamo individuato due gruppi di potenziali utilizzatori, il primo dei quali è costituito da tutti quei player industriali che già utilizzano l’idrogeno nei loro processi produttivi. Per loro, si tratterebbe semplicemente di sostituire l’H2 grigio, molto inquinante, con H2 verde, uno switch che non comporterebbe alcuna modifica di procedure e impianti. Motivo per cui riteniamo questa categoria di potenziali clienti quella più rapidamente e facilmente aggredibile.

In una seconda fase bisognerà poi guardare a tutti quei comparti industriali elencati in precedenza, che non usano idrogeno ma che potrebbero adottarlo in sostituzione di altri combustibili, per ridurre il loro impatto ambientale. Ovviamente in questo caso vanno predisposti interventi e investimenti per adattare il ciclo produttivo, e quindi è logico ritenere che il passaggio all’H2 richiederà un periodo di tempo maggiore. Questo almeno in teoria, poi ovviamente è il mercato che guida le decisioni.

E per quanto riguarda l’offerta di H2?

Cambiando versante, non vediamo problemi particolari riguardo la produzione di idrogeno verde, poiché la tecnologia su cui si basa, l’elettrolisi, è orma ampiamente collaudata avendo più di 100 anni. La vera questione su cui concentrarsi è il differenziale di prezzo tra idrogeno grigio, prodotto dallo steam reforming del metano (SRM) o dalla gassificazione del carbone, e quello verde prodotto con le rinnovabili.

Il secondo è ancora più costoso, ma riteniamo che nel corso di un decennio il delta possa ridursi moltissimo e tendere allo zero, grazie allo scale-up della produzione e al continuo calo del costo delle rinnovabili. Dobbiamo lavorare per accelerare questo processo.

Per farlo, avete definito un modello di business?

Dopo un’attenta analisi dello scenario, siamo giunti alla conclusione che il modello ideale, o quantomeno quello da privilegiare, preveda l’installazione di elettrolizzatori direttamente all’interno dei siti di produzione di energia rinnovabile (già esistenti o in fase di realizzazione). Questa soluzione presenta diversi vantaggi: riduce i costi di produzione dell’idrogeno e consente uno smistamento più efficiente dell’energia prodotta tra la rete elettrica e l’elettrolizzatore (sfruttando anche le oscillazioni di prezzo dell’elettricità). L’H2 generato potrebbe essere poi stoccato e distribuito a clienti individuati in un’area di prossimità, via tubo se la distanza fosse davvero ridotta oppure via camion cisterna con distanze nell’ordine di alcune decine di chilometri.

Questo, ovviamente, è un modello teorico, da cui nulla ci vieta di discostarci se si presentassero occasioni declinate con una formula diversa ma comunque appetibili.

L’ipotesi di realizzare hub di produzione dell’H2 in Nord Africa e poi spedire l’idrogeno prodotto via pipeline verso l’Europa non vi convince?

Direi di no, e per due diverse ragioni: innanzitutto una soluzione del genere avrebbe un sapore di ‘colonialismo energetico’. Noi siamo molto attivi in Africa, dove però produciamo energia per gli africani. In secondo luogo, uno schema del genere annullerebbe quello che è secondo noi uno dei principali vantaggi dell’energia rinnovabile, ovvero la possibilità di essere prodotta a livello domestico riducendo quindi la dipendenza energetica da fonti esterne.

Analogamente riterremmo assurdo, almeno nel breve termine, usare idrogeno in processi di power-to-gas-to-power, oppure di co-firing metano idrogeno: si sprecherebbe una risorsa, l’idrogeno verde, che inizialmente sarà preziosa poiché prodotta in quantità non certo enormi, destinandola ad utilizzi poco efficaci al fine di una reale decarbonizzazione.

Tornando invece a quello che avete intenzione di fare in tema di idrogeno, su che progetti concreti state lavorando?

Abbiamo annunciato la nostra partecipazione al progetto cileno in partnership con AME, ENAP, Siemens Energy e Porsche, ma ovviamente ci stiamo muovendo anche su altri fronti. Abbiamo passato in rassegna il nostro portafoglio di impianti di rinnovabili e individuato i siti più adatti per poter avviare progetti pilota di produzione di idrogeno. Ce ne sono in Italia, in Spagna e negli USA, ma li sveleremo nel dettaglio solo quando entreremo in una fase più concreta.

Quello che posso dire è che, ragionevolmente, riteniamo di poter avviare il nostro primo elettrolizzatore in Italia, per produrre idrogeno green, nel corso del 2022.

Per quanto riguarda invece un nostro potenziale coinvolgimento nella transizione a idrogeno del polo siderurgico di Taranto, dobbiamo essere chiari: la decisione spetta ai proprietari del sito industriale. Se si deciderà di intervenire sul processo produttivo e di modificarlo per poter utilizzare H2, ovviamente Enel si candida ad essere fornitore. Ma tutto dipende da cosa decideranno i gestori dell’impianto.

Molti Paesi europei, oltra alla Commissione, hanno presentato le loro strategie nazionali per l’idrogeno, mentre l’Italia manca ancora all’appello. Secondo voi quanto sarà importante il ruolo dell’intervento pubblico?

Le strategie nazionali sono certamente utili per individuare un quadro normativo incentivante e per sostenere economicamente lo scale-up della tecnologia, soprattutto intervenendo sul delta di costo tra idrogeno grigio e idrogeno verde e rendendo competitivo il secondo rispetto al primo.

Ma, alla fine, ciò che conta davvero è che poi i progetti vengano realizzati, e nel nostro Paese il problema principale riguarda i colli di bottiglia creati dalla burocrazia. E’ su questo che bisogna intervenire con urgenza, altrimenti, anche se avremo una strategia nazionale dell’idrogeno, sarà molto difficile realizzare i progetti in essa previsti.

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