Mario Mattioli, Presidente di Confitarma: “Idrogeno e ammoniaca nel futuro della navigazione”
Presidente Mattioli, secondo lei l’idrogeno avrà un ruolo nel processo di decarbonizzazione dello shipping?
Anche il trasporto marittimo guarda da tempo all’utilizzo di un combustibile ‘pulito’: non solo LNG ma anche metanolo e, per il futuro, ammoniaca e idrogeno. Ogni scelta naturalmente presenta dei pro e dei contro e ogni cambiamento per essere attuato richiede una serie di condizioni, come ha già dimostrato il passaggio alla soluzione transitoria dell’LNG.
Ecco perché, guardando al futuro è necessaria una visione d’insieme legata a produzione, trasporto, distribuzione, stoccaggio a bordo e infine utilizzo.
Perchè il GNL non può essere la soluzione ‘definitiva’ sul lungo termine?
L’esperienza dell’LNG sarà senz’altro utile: navi alimentate a metano sono operative da quasi venti anni, anche se la logistica è praticamente inesistente e in molti paesi il rifornimento avviene con notevoli difficoltà. Ma non dobbiamo dimenticare che il LNG è comunque un carburante fossile, il cui impiego, pur abbattendo le emissioni di ossidi di zolfo, ossidi di azoto e particolato, comporta comunque emissione di CO2.
L’uso del metanolo, che si produce per sintesi, oltre a comportare emissioni di CO2 ha una serie controindicazioni legate alla sua tossicità, anche se il suo stoccaggio è più semplice del GNL perché non sono richiesti impianti criogenici, essendo liquido a temperatura ambiente, e ha un aspetto “interessante”: la sua possibile produzione sempre da sintesi, ma con captazione della CO2.
Quindi in che direzione bisogna guardare?
L’ammoniaca sembrerebbe avere alcuni vantaggi, anche rispetto allo stesso idrogeno: è già utilizzata nei fertilizzanti e quindi esistono già strutture di produzione e distribuzione a livello mondiale. Inoltre, si tratta di una sostanza che non richiede stoccaggio criogenico, cioè di essere conservata a temperature molto fredde (l’idrogeno invece deve essere immagazzinato a una temperatura di 235 gradi sotto lo zero). Quindi potrebbe essere una soluzione. Va comunque ricordato che si tratta di un vettore piuttosto che di un combustibile, in grado di fornire energia attraverso le cosiddette celle a combustibile.
E l’idrogeno?
Venendo all’idrogeno – che talvolta è definito un combustibile ma che in realtà è più appropriato definire fonte energetica o ancor meglio vettore energetico, alla stregua dell’ammoniaca – per le attuali conoscenze sembra una delle migliori opzioni possibili, ma occorre approfondire alcuni aspetti per il suo utilizzo in un possibile scenario a medio e lungo termine.
Innanzitutto, la disponibilità: al momento il 96% dell’idrogeno è prodotto con un processo industriale (reforming) e solo il 4% per elettrolisi; il 50% è destinato alla produzione di urea, il 30% alle raffinerie e il 10% alla produzione di metanolo. Solo una piccolissima parte è utilizzata per altri scopi. Si parla di idrogeno “blu, grigio o verde” a seconda del modo in cui è ricavato (verde, ovviamente, quando si ottiene utilizzando energia da fonti rinnovabili).
Quali sono al momento le principali criticità?
Esiste sicuramente una questione relativa al costo che potrà avere questo “combustibile”: bisogna sempre ricordare che il trasporto marittimo risponde soprattutto anche alle regole del mercato.
Sicché, se da un lato si dovrà ottemperate a norme sempre più stringenti sulle emissioni, dall’altro si dovrà optare per scelte vantaggiose e competitive, dato che dovranno essere previste spese di installazione, manutenzione e infine formazione del personale.
E dal punto di vista tecnico?
Vi sono alcune criticità intrinseche dell’idrogeno, che certamente produce una maggiore “energia”, ma ha anche un volume significativamente maggiore rispetto ad altri combustibili. Ciò comporta fondamentali problemi di stoccaggio e trasporto cui vanno associati gli altri problemi propri anche agli altri gas.
Inoltre, va tenuta presente la proprietà chimica più importante dell’idrogeno e cioè l’infiammabilità: in generale l’idrogeno è un gas non corrosivo, ma si deve ricordare che alcuni materiali metallici quando entrano in contatto con idrogeno in certe condizioni, possono essere soggetti a infragilimento e/o corrosione da stress.
Alla stregua dell’LNG, va poi esaminata la possibilità di utilizzo per i vari tipi di navi che operano nei più diversi scenari.
Dovranno essere affrontanti anche aspetti normativi..
Sarà fondamentale considerare la normativa internazionale, abbinata a quella nazionale. Ancora una volta è inevitabile guardare all’LNG: a livello globale il riferimento al momento è l’IGF Code dell’IMO (International Code of Safety for Ship Using Gases or Other Low-flashpoint Fuels). Sviluppato primariamente per l’LNG e altri combustibili, tale Codice, che ha avuto una “gestazione” decennale, prevede che l’uso dell’idrogeno sia ammesso attraverso il criterio del cosiddetto “alternative design”.
Qual’è la situazione in Italia?
La normativa nazionale – sempre in analogia con l’LNG – potrebbe essere un problema: nel Nord Europa le unità LNG, anche passeggeri, sono rifornite da anni senza problemi; in Italia oggi sono necessari perfino i Vigili del Fuoco.
Al momento, però, non c’è motivo di pensare che le stesse difficoltà si avrebbero anche per l’idrogeno, Anche se naturalmente tutta la materia è ancora in fase di studio e sperimentazione: sicuramente gli armatori sono molto interessati ed anche Confitarma segue costantemente questa evoluzione informando sistematicamente i propri associati.
Quale potrà essere il contributo degli armatori italiani?
Come ho avuto modo di dire in diverse occasioni, la flotta italiana ha già realizzato ingenti investimenti per tecnologie innovative e impiego di combustibili meno dannosi per l’ambiente e gli armatori sentono l’obbligo, anche morale, di dare risposte alle nuove generazioni.
In quest’ottica, Confitarma continua a portare vanti il dialogo con il Governo sui temi ambientali mettendo a disposizione le proprie conoscenze, e collaborando con l’industria per trasmettere anche il proprio background operativo e gestionale.