Meno asset fisici, ma più trading e idrogeno nel futuro di Shell

Nella ‘corsa’ ad abbandonare (ancorché progressivamente e in un orizzonte temporale piuttosto vasto) gli idrocarburi per progredire nel processo di transizione energetica, la major anglo-olandese Shell sembra decisa a seguire una traiettoria almeno parzialmente diversa rispetto a quella impostata da alcuni dei principali competitor.

Secondo indiscrezioni ancora non ufficiali – il gruppo presenterà formalmente la sua nuova strategia su questi temi l’11 febbraio prossimo – riportate dall’agenzia di stampa Reuters, infatti, Shell vorrebbe ridurre la sua esposizione su asset fisici, anche di energia rinnovabile (in cui invece stanno investendo molto i principali competitor come BP, Total ed Eni), e concentrarsi sul business dell’intermediazione di energia ‘green’, sfruttando la propria rete commerciale molto ramificata e la solida expertise nel trading di commodity tradizionali (soprattutto petrolio e GNL).

Una strategia che vedrà investimenti crescenti sul comparto dell’energia low-carbon, dagli attuali 1,5-2 miliardi di dollari annui fino ad almeno 5 miliardi all’anno entro il 2025, e che vedrà un ruolo crescente dell’idrogeno.

Secondo la fonte sentita dalla Reuters, infatti, Shell intende consolidare gli investimenti già effettuati nel nascente mercato dell’H2, che vede la major partner di alcuni importanti progetti di produzione di idrogeno verde ad Amburgo e a Rotterdam. Shell sarebbe anche interessata a sviluppare questo settore negli Stati Uniti (in particolare in California) e in Asia, dove, parlando soprattutto di Giappone e Corea del Sud, si punta molto sull’idrogeno per la decarbonizzazione della mobilità.

Tutti settori che risulterebbero di grane interesse per Shell, forte di una rete di distribuzione carburanti tra le più ramificate e capillari del mondo.

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