Nessuno ‘scale up’ dell’idrogeno senza prima un incremento esponenziale della produzione di rinnovabili

di Francesco Bottino

Non ci sarà nessuno ‘scale up’ dell’idrogeno, nessuna rivoluzione, se prima non riusciremo ad espandere in modo esponenziale la nostra capacità di produrre energia rinnovabile a basso costo.

Il monito arriva in chiusura del webinar “Idrogeno: quali prospettive e ruolo nella transizione energetica?” – organizzato dalla Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Organizzazioni Internazionali a Parigi, in collaborazione con l’ENEA, e moderato da Paolo D’Ermo, Segretario Generale di WEC (World Energy Council) Italia – da parte del professor Nicola Armaroli, accademico e membro del CNR, che ricorda: “La strada per la diffusione dell’H2 nell’economia è lunga e in salita. Dobbiamo stare attenti a non generare un eccesso di aspettative che potrebbero poi rimanere deluse generando un effetto boomerang, dannoso per lo sviluppo che invece l’idrogeno davvero potrebbe avere per decarbonizzare alcuni settori in cui l’elettrificazione non sarebbe efficace”.

Armaroli ha ricordato che, per riuscire a produrre l’idrogeno verde sufficiente a centrare gli obbiettivi fissati dalle linee preliminari della strategia italiana, servirà una quantità di energia rinnovabile pari a 10 volte quella prodotta attualmente.

Un obbiettivo non facile da centrare, ma di cui gli analisti internazionali sono ben consapevoli, come ha ricordato nel suo intervento Paolo Frankl, Head della Renewable Energy Division della IEA (International Energy Agency), organizzazione che il 18 maggio rilascerà il suo primo report annuale sull’idrogeno.

“Serve uno scale-up enorme nella generazione addizionale di energia rinnovabile, ma il potenziale a livello globale esiste” ha assicurato Frankl. “Penso a zone del mondo come Cile, Marocco, Medio Oriente, India e Australia, dove c’è abbondante disponibilità di eolico e solare e parallelamente poco consumo locale (a causa della scarsa densità abitativa). In contesti del genere l’energia si può impiegare efficacemente per generare H2 green a costi competitivi, da esportare poi verso i mercati di consumo”.

Per progredire nello sclae-up dell’industria sarà comunque fondamentale l’apporto della ricerca scientifica e tecnologica, come ricordato nel suo intervento da Viviana Cigolotti, ricercatrice dell’ENEA, che ha passato in rassegna alcuni dei progetti europei a cui l’agenzia partecipa o che coordina, oltre all’iniziativa della ‘hydogen valley’ presso il centro di ricerca di Casaccia.

Presenti anche le associazioni con Gioia Tosti di Confindustria Energia, che ha ripercorso le principali tappe del lavoro svolto dall’organizzazione in tema di idrogeno prima di lasciare il ‘campo’ ai player dell’industria.

Tra questi, Paola Brunetto, Head of Hydrogen Business Unit di Enel Green Power, e Andrea Pisano, Head of Energy Evolution Integrated Initiatives dell’Eni, che hanno illustrato nel dettaglio i progetti congiungi (e non solo) dei rispettivi gruppi per l’inserimento dell’idrogeno verde come ‘feedstock’ pulito, al posto della variante grigia attualmente utilizzata, nel ciclo produttivo di due delle raffinerie del ‘cane a sei zampe’, e Giovanni Tagliabue, Business Innovation & Development di Edison.

Il manager dell’azienda di Foro Bonaparte (parte del gruppo francese EDF) ha illustrato la strategia relativa all’idrogeno, che guarda all’inserimento dell’H2 nel ciclo industriale dei comparti ‘hard to abate’ con diversi progetti, l’unico dei quali già reso noto è però quello relativo al polo siderurgico di Tenaris a Dalmine, ma anche all’utilizzo del vettore “all’interno dei alcune delle nostre centrali termoelettriche”.

Edison sta anche studiando le tecnologie relative alla catena dell’H2, tra cui soprattutto l’elettrolisi, “grazie al lavoro di un nuovo centro di ricerca che abbiamo da poco inaugurato a Torino”, e in generale sta riscontrando “un crescente interesse da parte dei nostri clienti, non solo grandi corporation ma anche PMI, nei confronti dell’idrogeno”.

E proprio in rappresentanza dell’industria degli elettrolizzatori è intervenuto Marco Parigi, Global Sales Director of Hydrogen, Oxygen and Nitrogen PIEL Electrolyser dell’azienda francese McPhy (che ha un proprio stabilimento produttivo anche in Toscana), mentre l’Amministratore delegato di MyRechemical ha illustrato le caratteristiche della tecnologia per produrre idrogeno circolare decarbonizzato dai rifiuti messa a punto della controllata del gruppo Maire Tecnimont: “Con questo nostro sistema, che è subito cantierabile e potrebbe essere installato per esempio presso raffinerie dismesse o altri poli industriali non più in uso, siamo in grado di produrre idrogeno emettendo pochissima CO2 (1 Kg per ogni Kg di H2 prodotto) a prezzi molto competitivi, nell’ordine dei 2-3 euro a Kg. Questo perché la nostra materia prima sono i rifiuti: non dobbiamo pagarli, ma anzi veniamo pagati per ritirarli e trasformarli”.

E’ toccato poi a Salvatore De Rinaldis, Technology Innovation Manager, Technology Innovation & Digital Transformation, Onshore E&C Division di ‎Saipem, e Marco Chiesa, Head of Origination & Partnership Hydrogen di Snam, riassumere le ampie e variegate strategie di azione delle rispettive aziende in tema di idrogeno, per lasciare infine la parola a Paolo Sorlini, di Fedabo, energy service company lombarda che sta lavorando al noto progetto della hydrogen valley in Valcamonca, dove nel 2023 debutteranno i primi treni a idrogeno realizzati da Alstom per l’operatore ferroviario regionale FNM.

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