NextChem presenta a RemTech la sua tecnologia per produrre idrogeno dai rifiuti

di Francesco Bottino

Entra nel vivo la collaborazione tra Eni e NextChem – la società del gruppo Maire Tecnimont focalizzata sulla transizione energetica – in relazione alla produzione di idrogeno e metanolo attraverso la tecnologia waste-to-chemicals messa a punto dall’azienda milanese, che ha già consegnato i progetti definitivi degli impianti che dovranno essere installati nelle raffinerie del ‘cane a sei zampe’ a Marghera (per produrre H2) e Livorno (per produrre metanolo) e che sta lavorando allo studio di fattibilità del progetto relativo all’impianto Eni di Taranto.

In questo caso, come già annunciato dai due partner nei mesi scorsi, la tecnologia di NextChem servirà a produrre, sempre partendo da rifiuti solidi non riciclabili, idrogeno rinnovabile destinato a a sostituire l’idrogeno grigio tradizionalmente utilizzato nei processi di raffinazione del petrolio e CO (ossido di carbonio) che invece verrebbe inviato all’adiacente impianto siderurgico (l’ex Ilva oggi controllato da Arcelor Mittal) per essere utilizzato nel ciclo dell’acciaio.

“Ma nulla vieta di immaginare – ha ammesso Giacomo Rispoli, responsabile delle attività waste-to-chemicals di NextChem –che in una seconda fase l’idrogeno prodotto con il nostro sistema waste-to-chemical possa essere destinato anche all’acciaieria per essere impiegato al posto del carbone per produrre quello che viene definito ‘green steel’. Anzi, secondo noi gli impianti siderurgici sarebbero tra i luoghi di destinazione ideali per la nostra piattaforma tecnologica, che dai rifiuti è in grado di generare, rispondendo pienamente al concetto di economia circolare, sia idrogeno che CO, entrambi sfruttabili nella acciaierie a ciclo continuo per decarbonizzare le proprie attività produttive”.

Rispoli ha illustrato questi concetti nel corso di un uno dei numerosi webinar di cui si compone l’edizione 2020 di RemTech, fiera che quest’anno si svolge soltanto online a causa del coronavirus, durante il quale ha delineato le caratteristiche del sistema waste-to-chemicals messo a punto da NextChem, grazie anche all’integrazione con le competenze di altre società del gruppo Maire Tecnimont.

“Partiamo dal presupposto che la produzione di rifiuti, nel mondo, continuerà a crescere nei prossimi anni, al traino dell’andamento del PIL e soprattutto delle dinamiche demografiche. Solo in Italia produciamo ogni anno 30 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui 6-7 milioni sono rifiuti solidi non riciclabili e quindi ‘aggredibili’ come potenziale materia prima per la nostra piattaforma”.

Il sistema funziona tramite un processo di gassificazione dei rifiuti, da cui si genera il syngas, gas di sintesi “conosciuto fin dal secolo scorso, ma – spiega il manager di NextChem – prodotto fino ad ora con il carbone. Noi invece puntiamo a farlo con i rifiuti, riducendo quindi l’attività degli inceneritori che producono CO2. Questo syngas viene poi pulito meccanicamente e purificato chimicamente, e quindi trasformato, con differenti tecnologie, in una moltitudine di prodotti: dall’idrogeno al metanolo fino all’etanolo, che è un’importante componente per l’industria chimica”.

Un processo che quindi reimmette nel ciclo economico materiale fino ad oggi bruciato come rifiuto (con annessa generazione di CO2), riducendo l’impatto ambientale “ma – assicura Rispoli – costituendo anche una soluzione competitiva dal punto di vista economico. Parametro ovviamente fondamentale per il suo successo commerciale”.

E infatti non mancano i contatti “con grandi player internazionali dell’industria energetica” – di cui Rispoli non può fare nomi per evidenti ragioni di riservatezza – mentre la collaborazione con l’Eni, da cui tutto è iniziato, prosegue speditamente: “Abbiamo già consegnato al nostro partner i progetti per i sistemi di produzione di idrogeno, destinati alla raffineria di Marghera, e di metanolo, per l’impianto di Livorno, mentre per Taranto siamo ancora nella fase dello studio di fattibilità. Ma secondo le nostre stime, con l’introduzione di questa tecnologia e l’utilizzo dell’H2 da parte della raffineria pugliese, e del CO da parte dell’impianto siderurgico, si potrebbe evitare l’immissione in atmosfera di una quantità di CO2 compresa tra le 364.000 e le 580.000 tonnellate all’anno”.

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