Per Hydrogen Council e McKinsey la domanda di H2 al 2050 può avvicinarsi a 400 milioni di tonnellate annue, ma la crescita del settore è ancora troppo lenta

È quello che comunemente si definisce un ‘bagno di realtà’, l’ultimo aggiornamento dell’ormai periodica analisi del settore idrogeno realizzata da Hydrogen Council e McKinsey & Co.

Nella versione intitolata ‘Global Hydrogen Flows – 2023 Update Considerations for evolving global hydrogen trade’, pubblicata nei giorni scorsi, infatti, l’associazione internazionale e la nota società di consulenza prendono atto che, “nonostante il momento positivo per lo sviluppo dell’H2 (certificato nel report dello scorso maggio; ndr) sia ancora in corso, è diventato chiaro che l’attuale tasso di crescita sia ben lontano da quello che sarebbe invece necessario per percorrere la traiettoria verso l’obbiettivo ‘net-zero’ entro la metà del secolo, lo sarà almeno fino al 2030”. È quindi necessario e urgente “un maggiore impegno per affrontare le sfide e sbloccare gli investimenti”.

Anche per quanto riguarda i costi del vettore energetico, Hydrogen Council e McKinsey aggiornano – in negativo – le stime, sostenendo che il levelized cost of hydrogen (LCOH) è più elevato, di una quota compresa tra il 30% e il 65%, rispetto alla stima formulata degli stessi due soggetti a ottobre 2022, e questo in ragione di una crescita dei capex relativi agli elettrolizzatori, di un aumento del costo dell’energia rinnovabile e di altri fattori che possono influenzare l’attrattività dei vari Stati in termini di investimenti.

Nonostante ciò, gli estensori dello studio restano moderamene ottimisti e disegnano quello che viene definito Further Acceleration (FA) scenario, in cui la transizione energetica sarà accelerata rispetto ad oggi, anche se non tanto quanto sarebbe necessario per rispettare il limite di 1,5 °C di aumento della temperatura previsto dagli Accordi di Parigi.

In questo scenario, la domanda globale di idrogeno ‘clean’ (quindi sia blu che verde) al 2030 potrebbe raggiungere i 40 milioni di tonnellate annue, di cui – secondo Hydrogen Council e McKinsey – circa la metà, ovvero 20 milioni di tonnellate, sarà costituita da H2 trasportato su lunghe distanze tramite pipeline o via nave sotto forma di ammoniaca green. Entro il 2050, invece, sempre in base alle proiezioni formulate nel contesto dello scenario FA, la domanda globale del vettore energetico potrebbe raggiungere i 375 milioni di tonnellate all’anno, di cui 200 milioni di tonnellate trasportate su lunghe distanze (per il 40% via pipeline, per il 20% via nave sotto forma di ammoniaca e kerosene sintetico e per il resto in altre forme).

Inoltre, entro il 2030 il costo finale dell’H2 potrebbe variare da un mercato all’altro in misura anche considerevole: da 1 dollaro a Kg dove gli incentivi (come l’Inflation Reduction Act americano) saranno più efficaci, fino a oltre 5 euro a Kg. Una situazione che offrirà ai trader possibilità di arbitraggio, ma che avrà una durata limitata nel tempo poiché entro il 2050 – secondo lo studio – l’evoluzione del mercato nella sua forma più matura e il superamento della fase degli incentivi pubblici porterà il differenziale di costo ad assottigliarsi e ad attestarsi nel range 1,5-3,5 dollari a Kg di H2.

In ogni caso, secondo Hydrogen Council e McKinsey lo sviluppo di un mercato internazionale dell’idrogeno avrebbe un effetto decisamente positivo sui costi complessivi della transizione energetica: realizzare un’economia globale dell’idrogeno in caso di scambi commerciali limitati presupporrebbe infatti investimenti nell’ordine dei 12 trilioni di dollari entro il 2050, mentre tale cifra scenderebbe a ‘soli’ 8 trilioni di dollari nello scenario di commercio internazionale del vettore maggiormente sviluppato.