Presto anche in Italia i certificati di origine per l’idrogeno

di Francesco Bottino

Anche l’Italia, come altri Paesi europei, sta lavorando all’applicazione, in ambito nazionale, della direttiva europea del 2018 che impone la definizione di sistemi per la certificazione di origine dei gas rinnovabili, compreso l’idrogeno.

Lo ha spiegato Viviana Cigolotti, ricercatrice dell’ENEA nel corso del webinar “L’economia dell’idrogeno: occasione di rilancio e strumento per la transizione energetica in Italia”, organizzato da H2IT (l’Associazione italiana idrogeno e celle a combustibile) e da Clust-ER Greentech in occasione della Green Revolution & Energy Transition Week, tra gli appuntamenti delle Digital Green Weeks ideate da Ecomondo e Key Energy.

Focalizzando l’attenzione sull’attuale quadro normativo – a livello nazionale e comunitario – in tema di idrogeno, Cigolotti ha ricordato che al momento riguardo al power-to-gas non esiste una regolamentazione di riferimento, mentre per ciò che concerne l’immissione di H2 nella rete del metano, “ad oggi il 100% di H2 non è consentito. L’unico standard a cui potersi riferire attualmente è il codice di rete di Snam, che prevede una quota massima di idrogeno 0,5%”.

Un altro importante aspetto affrontato dalla ricercatrice dell’ENEA ha riguardato le garanzie di origine sull’idrogeno: “La certificazione contemplerà la fonte di energia primaria utilizzata, la tecnologia produttiva e la modalità di trasporto. La Direttiva europea in materia, emanata nel 2018, prevede questo sistema per tutti i gas rinnovabili, dal biometano all’H2. Nel corso di quest’anno è peraltro prevista una revisione che dovrebbe definire standard specifici per quanto riguarda l’idrogeno. L’Italia sta lavorando al recepimento della Direttiva e dovrebbe approvare in tempi brevi un proprio sistema nazionale sui certificati d’origine”.

Tra gli altri relatori che si sono susseguiti nel corso del webinar, dopo gli interventi introduttivi di Cristina Maggi, direttrice di H2IT, e di Alberto Sogni di Clust-ER Greentech, il professor Marcello Romagnoli, dell’Università di Modena e Reggio Emilia si è concentrato sull’attuale stato dell’arte delle tecnologie per l’H2, mentre Matteo Robino, della Hydrogen Business Unit di Snam, ha riproposto alcune delle risultanze del recente studio commissionato dal gruppo di San Donati Milanese a The European House-Ambrosetti evidenziando la prospettive di sviluppo di un’economia dell’idrogeno e il ruolo strategico che, in questo contesto, potrà essere svolto dal nostro Paese.

Infine Antonio Lucci, del RINA, ha focalizzato l’attenzione sulle sfide tecniche e di sicurezza che la diffusione dell’H2 inevitabilmente porterà con se: “L’idrogeno è un vettore energetico che comporta enormi vantaggi in termini di decarbonizzazione dell’economia, ma che presenta anche una serie di criticità non trascurabili in relazione agli aspetti legati alla sicurezza in tutte la fasi della catena del valore: dalla produzione allo stoccaggio fino al trasporto verso gli utenti finali”.

Lucci ha infatti ricordato che, per esempio, “l’H2 ha un’elevata capacità di permeare i materiali, motivo per cui le infrastrutture di trasporto e stoccaggio vanno realizzate, o comunque adattate, tenendo conto di questa caratteristica”. Con l’idrogeno blu si pone poi un’ulteriore questione, ovvero la gestione dell’anidride carbonica catturata durante il processo: “La CO2 è un gas con le sue specificità, tra cui un elevato grado di corrosività. Anche in questo caso quindi l’analisi e i test sui materiali da utilizzare per le strutture di trasporto e stoccaggio risultano passaggi fondamentali”.

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