Produzione, utilizzi dell’H2 e consumi d’acqua: i consiglieri regionali del Friuli Venezia Giulia ‘fanno le pulci’ al progetto North Adriatic Hydrogen Valley
Ad un paio di mesi del ‘calcio d’inizio’, celebrato lo scorso settembre, il Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia ha analizzato in dettaglio il progetto della North Adriatic Hydrogen Valley, prima hydrogen valley transfrontaliera europea che coinvolge 37 diversi partner tra pubblico e privato provenienti da Italia (Regione FVG, appunto), Slovenia e Croazia e che si propone di arrivare a produrre, entro 6 anni, 5.000 tonnellate all’anno di idrogeno verde.
Ma come verrà utilizzato questo combustibile? Ai consiglieri che hanno formulato la domanda, Rodolfo Taccani, rappresentante di quell’Università di Trieste uno dei partner dell’iniziativa, ha spiegato che “si prevede lo stoccaggio, il trasporto e l’utilizzo in settori dove nell’immediato l’elettrificazione non può darci un contributo importante. Un esempio è la produzione di acciaio, ma anche quella di cemento. E il settore dei trasporti ad alta intensità energetica: si fa fatica ad immaginare batterie elettriche in camion che viaggiano per 8-10 ore al giorno”. Prospettive condivise da Lorenzo Campagna, delle acciaierie Bertoli-Safau che fanno parte del gruppo Danieli: “Rinunciare a carbonio e metano in alcuni dei nostri processi è quasi impossibile, dunque siamo interessati a valutare l’opzione dell’idrogeno verde”.
Un endorsment al progetto, durante l’audizione degli stakeholder alla II Commissione del Consiglio Regionale friulano, è arrivato anche da Confindustria Alto Adriatico, che per bocca di Elisabetta Michieli ha dichiarato: “L’idrogeno è un vettore strategico per garantirci la sicurezza energetica: appoggiamo questo progetto perché è lungimirante”.
Durante l’incontro Maria Mazzurco, dirigente di Acegas Aps Amga, ha quindi motivato la decisione della utility di aderire alla hydrogen valley transfrontaliera con il suo progetto ‘Hydrogen Hub Trieste’, finanziato dal PNRR.
“Crediamo che le infrastrutture debbano partire un attimo prima dello sviluppo dei territori. Nessuno pensa – ha detto Mazzurco, condividendo i dubbi espressi da alcuni consiglieri – che l’idrogeno sarà una soluzione per i consumi domestici: tutto quel che sarà elettrificabile in futuro verrà elettrificato. Ma questo progetto parte con l’approccio di sistema giusto in quanto l’Europa per prima punta sull’idrogeno”.
Tra i portatori d’interesse sono intervenuti anche Riccardo Edmondo Bernabei di Snam (che è al lavoro sula tecnologia di compressione dell’idrogeno), Salvatore La Rosa di Area Science park, Sandra Primiceri del Consorzio industriale dell’area giuliana ed Eleonora Cordioli della Fondazione Bruno Kessler di Trento.
La dirigente di Acegas Aps Amga, rispondendo all’intervento del consigliere leghista Alberto Budai, convinto che “alla fine come Paese saremo importatori netti di idrogeno, perché per produrlo con l’energia elettrica servirebbero milioni di ettari di campi da riservare al fotovoltaico”, ha concordato con questa previsione, aggiungendo però che “questi piccoli impianti (quelli realizzati nell’ambito della North Adriatic Hydrogen Valley; ndr) ci serviranno per immagazzinare energia, perché l’idrogeno si può stoccare facilmente e trasportare. L’idrogeno verde richiede energia elettrica ma i due sistemi non confliggono, sono piuttosto complementari”.
Per quanto riguarda, infine, il consumo di acqua, la stessa Mazzurco, in risposta ad un’altra sollecitazione dell’aula, ha assicurato che verranno riutilizzate acque reflue che altrimenti verrebbero scartate: “Per produrre le 5.000 tonnellate di idrogeno serviranno 50.000 tonnellate di acqua, quantitativo importante ma non così impressionante, se mettiamo insieme FVG, Slovenia e Croazia”.