Recovery Fund: nell’ultima bozza del Governo 2 miliardi per l’idrogeno (a trasporti, industria, energia e ricerca)
di Francesco Bottino
Due miliardi di euro di fondi pubblici per sostenere la creazione di una filiera nazionale dell’idrogeno e decarbonizzare i trasporti e l’industria, in particolar modo quelle siderurgica, che in Italia vuol dire soprattutto l’ex Ilva di Taranto.
Sono questi gli aspetti salienti, relativi all’H2, dell’ultima bozza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (datata 12 gennaio e pubblicata da diversi quotidiani), il programma con cui il Governo di Roma articola l’impiego delle risorse stanziate dall’Unione Europea per fronteggiare la crisi economica scoppiata in conseguenza della pandemia di coronavirus.
Nell’ambito di quelli che vengono definiti “investimenti nella filiera dell’idrogeno”, e che valgono in totale 2 miliardi di euro, l’ex stabilimento dell’Ilva di Taranto sembra rivestire un ruolo di particolare rilievo, tanto che nell’introduzione del documento il Governo spiega come “nell’industria siderurgica primaria” l’idrogeno possa rappresentare “in prospettiva un’alternativa al gas naturale per la produzione di Ferro Ridotto Diretto (DRI). In linea con gli obiettivi europei di riduzione delle emissioni, è previsto un investimento per lo sviluppo del DRI connesso al progetto di decarbonizzazione dell’ex ILVA a Taranto e alla transizione per la produzione di acciaio verde in Italia”.
Nel piano non sono indicate le modalità con cui verranno distribuiti ai diversi progetti i 2 miliardi stanziati nel ‘capitolo’ idrogeno, ma secondo un articolo pubblicato ieri (11 gennaio) da Il Corriere della Sera, alla riconversione dello stabilimento siderurgico pugliese andrebbero 900 milioni di euro.
Se così fosse, resterebbero 1,1 miliardi di euro da suddividere fra le altre numerose iniziative, i cui settori di intervento sono individuati dal Governo, senza tuttavia una specifica sulle cifra in ballo per ogni progetto.
Il piano prevede di finanziare la produzione di idrogeno verde “in aree dismesse”, con l’obbiettivo “di riconvertire aree industriali abbandonate per testare la produzione di idrogeno da FER localizzate nelle aree stesse. L’investimento consentirà l’uso locale dell’idrogeno nell’industria, creando da 5 a 10 Hydrogen Valley con produzione e utilizzo locali”.
In secondo luogo verrà sostenuta la “produzione di elettrolizzatori e lo sviluppo di una filiera italiana dell’idrogeno”. In questo caso si “mira a creare un polo industriale per la produzione di elettrolizzatori, che dovrà essere in grado di produrre elettrolizzatori di diverse dimensioni e tipologie per soddisfare le diverse esigenze del mercato”.
Per quanto riguarda gli impieghi dell’H2, oltre al già menzionato settore siderurgico, si guarda ad altri comparti industriali “hard-to-abate” come la raffinazione del petrolio, la chimica, il cemento, il vetro e la carta, e poi ai trasporti. Una parte delle risorse serviranno infatti a sostenere la creazione “di una rete di stazioni di rifornimento di idrogeno con un massimo di 40 distributori di carburante adatti ai camion per una riduzione delle emissioni legate al trasporto”. Discorso analogo anche per i treni, con l’introduzione di convogli a fuel cell di H2 “in sostituzione del diesel laddove l’elettrificazione dei binari non è economicamente fattibile (attualmente circa il 40% della rete nazionale)”.
Per quanto riguarda il settore trasporti, gli interventi vengono meglio dettagliati nel capitolo del piano dedicato appunto a questo comparto, in cui si spiega “che entro il 2026 è previsto l’acquisto di 358 veicoli per il TPL alimentati a idrogeno”, di 21 treni a propulsione ad H2 e di “12 traghetti e di 10 unità navali ad alta velocità (aliscafi) alimentati a GNL, elettrici o idrogeno”.
Una quota (anche in questo caso non meglio precisata) delle risorse sarà poi destinata alla ricerca nel campo dell’idrogeno, con l’obbiettivo di “migliorare la conoscenza dell’implementazione del vettore in tutte le fasi: produzione, stoccaggio e distribuzione. Accanto alle tecnologie, si sosterrà la sperimentazione nei principali segmenti e la realizzazione di prototipi per l’industrializzazione dei processi innovativi”. Il tutto con “particolare riferimento agli IPCEI e alla creazione di centri di eccellenza per la ricerca e le tecnologie emergenti”.
Sempre guardando allo sviluppo delle tecnologie connesse con l’H2, si punta anche a “rendere le turbine a gas parte integrante del futuro mix energetico, soddisfacendo la domanda in arrivo per estendere la capacità delle infrastrutture di generazione di energia esistenti di incorporare combustibili verdi, in particolare l’idrogeno”. L’obbiettivo, in questo caso, è quello di progettare e realizzare bruciatori in grado di utilizzare idrogeno in sostituzione del gas naturale fino al 70%, corrispondente a una riduzione delle emissioni di CO2 del 40%”.
Infine, nel PNRR il Governo prevede la “la creazione di 7 centri attivi in altrettanti domini tecnologici di frontiera attraverso il rafforzamento della dotazione infrastrutturale hardware e software e di personale altamente qualificato”, tra cui un Centro Nazionale di Alta Tecnologia per l’Idrogeno.